La tregua di Natale
Natale è alle porte e questo libro capita a fagiolo… una storia che più che di pace o di tregua della guerra ci racconta, ancora una volta ma non è mai abbastanza, l’assurdità della guerra.
La tregua di Natale di Toni Galmés edito da Donzelli narra di una lettera che un soldato invia alla mamma con gli auguri di Natale e il racconto di una cosa straordinaria accaduta tra il 24 e il 25 dicembre del 1914. Nella notte di Natale dalla trincea nemica, quella tedesca, si sente alzarsi un canto che anche i soldati dell’altra trincea riconoscono, una specie di segno che ricorda agli uomini nelle due diverse trincee di aver un patrimonio culturale comune e di appartenere alla medesima specie umana, non fatta per vivere in trincea. Ecco allora che un soldato tedesco esce dalla trincea e attraversa la terra di nessuno tra le due gallerie e anche il nostro narratore esce dalla sua e gli va incontro. Si scambiano poche parole, si mostrano una foto che li rappresenta, entrambe legate al calcio, nulla (di brutto) succede, nessuno spara ma anzi tutti escono dalle rispettive trincee e condividono del tempo insieme, persino una partita di calcio in cui i due schieramenti saranno ancora una volta avversari ma in maniera ludica, non mortifera e mortale. Quando dei bombardamenti riportano tutti alla realtà ecco che gli uomini, da una parte e dall’altra strisciano tornano dentro le trincee, imbracciano le armi e si preparano, chissà, magari, se sarà necessario secondo le logiche di guerra, ad uccidersi l’un l’altro. Chissà come poi ognuno farà i conti con la propria coscienza nel ricordo di quella tregua di Natale.
Questa la storia, verosimile se non del tutto vera, de La tregua di Natale, una tregua che c’è stata davvero nel 1914, durante la Grande Guerra, una tregua non ordinata né voluta dai vertici ma di fatto avvenuta tra gli uomini degli opposti fronti in Belgio, ci riporta in quel contesto bellico ci fa sentire lo stupore di un ragazzo al fronte che per una sera vive con una situazione eccezionale, di pace durante la guerra, di solidarietà con il nemico.

La narrazione riesce bene a raccontarci questa storia scegliendo una focalizzazione ottimale per creare il calore narrativo necessario: la scrittura della lettera ci fa sentire il suono della voce del nostro protagonista Tom e al tempo stesso consente anche di farci un’idea della sua vita prima della guerra e della sua età. Tom, come Gunter, il soldato tedesco che per primo esce allo scoperto, è un ragazzo e nella sua nostalgia di casa e del Natale in casa c’è tutta la nostalgia di chi sulle spalle non ha una famiglia a cui badare ma ha un’identità personale ancora da costruire. Questi due soldati non si scambiano, a mo’ di saluto e di confidenza, le foto delle fidanzate o dei figli (come spesso si faceva), no, loro danno un senso all’identità di ognuno attraverso delle immagini legate alla passione, che scoprono per altro avere in comune: quella del calcio. Gunter ha una immagine del suo idolo calcistico, Tom della sua squadra di calcio con cui era solito giocare quando la guerra non c’era ancora.

Due individui che escono dallo spazio indefinito della trincea, dal colore dell’uniforme che rende un soldato uguale all’altro, per riconoscersi non solo singole persone con un nome, dei ricordi, una passione, ma anche ragazzi che molto rapidamente sono cresciuti, ammesso che davvero lo siano, per ritrovarsi in trincea.

La chiusa, della storia della partita di calcio, non del libro, è l’unica possibile, Tom dice a Gunter che avrebbe voluto incontrarlo in un posto diverso…
Cosa c’entra il Natale con tutto questo? Direi solo il fatto, e non è poco, di aver dato agli uomini di entrambi i fronti, la forza di riconoscersi sotto una “bandiera” comune che non è quella del Natale e forse nemmeno quella della religione, bensì dell’umanità.
Chissà se oggi una tregua di questo tipo sarebbe ancora possibile. Nel dubbio una narrazione che ce ne ricordi il senso profondo può senz’altro farci del bene.