L’incanto del buio. Racconto di Natale
Ooooo come sono felice di raccontarvi finalmente questo libro! Un libro dal forte orecchio acerbo, un libro a figure in cui il testo suggerisce e l’illustrazione interpreta, magnificamente…
Lo conoscete L’incanto del buio. Racconto di Natale di Francesca Scotti e Claudia Palmarucci edito da Orecchio acerbo?
Provo a mettere insieme qualche pensiero su questo bell’albo che vorrei arrivasse a scaldare le vostre letture invernali e natalizie, e non solo, ma anche a sollecitare memorie, ricordi e immedesimazioni a tutte le età.

Pietro e Giulia sono due amici le cui famiglie si ritrovano in occasione del Natale e loro approfittano di queste situazioni per allontanarsi dal caos familiare e ritirarsi in camera per fare il gioco del buio. Basta raccogliere e sperpagliare per la camera qualche oggetto, chiudere le tapparelle, spegnere la luce, fare una giravolta per perdere l’orientamento, e il gioco inizia. Pietro e Giulia cercano di individuare al buio cosa esperiscono con le mani: un orso (o forse un coniglio di peluche), la chiave di un forziere (o forse il dente di un animale preistorico) ecc. Il gioco continua fino a quando Pietro non trova il viso di Giulia e Giulia quello di Pietro e qui non vi svelo cosa accade, dico solo che al buio si possono vedere a volte molte più cose di quelle che la luce mostra.
Ma veniamo, come sempre, a COME L’incanto del buio si racconta per testo ed immagine notando, innanzitutto, come il testo della Scotti sia molto ma molto ben calibrato e controllato per poter entrare in relazione e lasciare il giusto spazio alle immagini. Ci tengo a sottolinearlo perché non è così comune trovare testi di albi illustrati scritti da un autore o autrice diverso dall’illustratore o illustratrice che sappia stare così bene nella forma tipica del testo del libro a figure che deve dialogare con l’immagine, se necessario, arrivando a controllare quanto e cosa e come dice il testo. Il racconto di Natale regalatoci dalla Scotti fa proprio da filo perfetto tra le doppie pagine che si susseguono.

E dunque veniamo all’illustrazione che ha la portata fisicissima dello stile di Claudia Palmarucci. Le doppie pagine corrispondono talvolta a tavole doppie di potenza visiva notevolissima – come nel caso eccezionale della tavola dei due bambini che trovano, al buio, il viso l’uno dell’altra -, altre invece corrispondono a due illustrazioni separate che suggeriscono prospettive complementari dell’immaginario. È quello che accade, ad esempio, quando il buio prende il sopravvento sulla luce, o, soprattutto, quando Giulia immagina presente e futuro di Pietro e Pietro di Giulia.

Potrei soffermarmi a lungo sulla costruzione di queste illustrazioni e sul testo da cui prendono le mosse ma mi fermerò qui, lasciandovi il gusto, spero, di scoprire questo libro e i segreti meccanismi narrativi che lo rendono tale…. consiglierei un occhio particolare al ritmo narrativo che domina e ordina la scansione del testo e l’interpretazione delle immagini.
Il 13 gennaio, tra esattamente un mese, avremo la grande fortuna di fare il corso intensivo L’ecosistema dei libri a figure con Claudia Palmarucci a Venezia in Fondazione Querini Stampalia durante il quale ragioneremo ed anche sperimenteremo il rapporto tra testo e immagine, i posti sono limitati, per iscriversi basta scrivermi a [email protected]
p.s. Claudia quest’anno ha vinto il premio Andersen come migliore illustratice e segnalo questo contributo di Andersen per approfondire la sua poetica visiva.