Pupilla ricorda. Un racconto di Natale

Che ricordo avete dei vostri Natali passati?

Vi è mai capitato di pensare a cosa succederebbe se perdessimo, collettivamente, la memoria e se nessuno ricordasse più, ad esempio, cosa sia il Natale? Il calore della festa più attesa?

Manlio Castagna l’ha fatto, ha provato a immaginare cosa accadrebbe se ci si dimenticasse del natale e – per fortuna – ce l’ha raccontato nel suo primo albo illustrato.

Care teste fiorite oggi è proprio lui, il libro che vi racconto: Pupilla ricorda. Un racconto di Natale di Manlio Castagna e Gianluca Garofalo edito da Rizzoli, preparatevi a leggere una storia di Natale dal sapore quasi “classico” e dalla scrittura espressionista….

Nel mondo in cui abitano Manuel e Alante, nel paese di Oblate (e il nome è già tutto un programma), è quasi il 25 dicembre, un giorno come un altro, Manuel si sveglia dai suoi sogni e viene travolto dalla smania vitale di Alante che ha trovato una cosa tonda e rossa (una globula la chiama lei) per terra e vuole capire di che si tratta.

Da qui inizia la quête, la ricerca, dei ragazzi alla scoperta dei ricordi e dei racconti, diversi abitanti di Oblate vengono interrogati, alzano la testa e rispondono a stento ma nessuno ne sa nulla e persona dopo persona arrivano da Pupilla, la vecchia cieca (sentite odore di mito?), un po’ pazza, come si conviene in questi casi, che abita nel bosco, anche questo luogo topico per eccellenza, che al tatto della globula rossa fa riaffiorare un ricordo…

Non vado oltre, ovviamente, vi lascio godere il libro, a me quello che interessa, lo sapete, è soffermarmi sul COME e non su COSA Pupilla ricorda racconta.

La prima cosa che credo salti all’orecchio leggendo il libro è la lingua, l’uso e la scelta delle parole, ma anche la costruzione sintattica spezzata che a tratti sembra richiamare la forma versificata pur restando assolutamente un racconto in prosa. La scrittura di Castagna è densa di immagini richiamate dalle parole, le parole si accumulano, gli aggettivi si moltiplicano, la lingua si fa proprio densa e diventa ancor più densa, arrivando a coinvolgere anche il piano del significante, oltre che quello del significato, quando arriva Atlante che i nomi li cambia, che parla con un lessico tutto suo comprensibile colo a chi le sta vicino e le vuol bene, a Manuel, insomma, che lei chiama Mollo.

Chi racconta è proprio lui, Manuel alias Mollo che approfittando della focalizzazione interna ci fa sentire questa storia più vicina, rende meno forse il freddo che si sente ad Oblate, un freddo climatico, senz’altro, ma soprattutto un freddo umano. Un paese senza memoria, è un paese senza storia, un paese senza passato, quindi senza futuro, questo è Oblate che, sin dal nome, richiama la cecità, l’incapacità di vedere che non è affatto una questione oculistica. Manuel e Alante arrivano a scompigliare la vita di Oblate, quando si mettono alla ricerca di una risposta ad una domanda che scoperchierà il vaso dei ricordi e riscalderà i cuori dei due ragazzi e speriamo del paese intero. La focalizzazione interna, che permette a Manuel di racontare in prima persona, è perfettamente funzionale a scaldare un’ambiente freddo gelido, in cui non si respira umanità. La lingua di Manuel è calda, quella di Atlante ancora di più e permettono alla narrazione di portarci dritti dritti da Pupilla e dai suoi ricordi.

In tutto questo, vi starete domandando e se non lo state facendo va bene lo stesso, le illustrazioni che ruolo giocano?

Le illustrazioni di Garofalo sono immaginifiche e notevolissime (in perfetto “stile Garofalo”), ci accompagnano sostanzialmente alternando pagina di testo a singola tavola, ad eccezione di 2 doppie tavole in cui il testo tace, avendo a che fare con un testo denso il contributo profondo delle immagini è quello di creare l’ambientazione, di farci vedere quale umanità abiti Oblate, le illustrazioni ci fanno sentire quel freddo che le parole di Manuel scaldano, quel freddo necessario perché poi arrivi il contrasto finale e perché diventi significante il rapporto tra il testo, caldo, e le immagini, fredde in cui il rosso della palla, che torna nei dettagli di alcune tavole, crea un filo di colore che lega tutto e preannuncia la catarsi.

Pupilla ricorda è un racconto di Natale che da un lato porta con sè un sapore classico, Pupilla è sicuramente un personaggio mitico così come Alante, nome omen, è figura che poco ha a che fare col mondo di Oblate ma anche con il mondo e la lingua “umane”; anche l’andamento narrativo mima i racconti mitici. Dall’altro rompe la costruzione classica con la scelta della prima persona e l’articolazione del linguaggio che danno una concretezza materica e ipermoderna al tutto donando calore umano ad una storia che altrimenti sarebbe rimasta troppo staccata dalla terra e dall’emozione.

Ma cosa sarebbe Natale senza emozioni, un paese senza Natale, una società senza ricordi?

Pupilla ricorda è un racconto di Natale perfetto per muovere pensieri e parole anche con ragazzi e ragazze che, ormai fuori dal pensiero magico di Babbo Natale, possono dell’avventura di Manuel e Atlante sentire la forza della sfida alla distopia con, una volta tanto, una catarsi degna del 25 dicembre.

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