L’eterno ritorno di Clara Hart

Immaginate di vivere una giornata scioccante, una delle peggiori della vostra vita.

Ora immaginate che quella giornata si ripeta, in continuazione… Siete praticamente chiusi in un incubo in loop e dovete cercare di trovare la chiave per far tornare il tempo a procedere cronologicamente come dovrebbe fare, cosa fareste?

L’eterno ritorno di Clara Hart di Louise Finch edito da Terre di mezzo, con la traduzione di Paolo Maria Bonora, racconta proprio di questo: di un blocco temporale che coinvolge Spence, il protagonista e lo costringe a rivivere la stessa giornata in continuazione… o quasi, ma adesso vi racconto un pochino meglio di cosa si tratta.

La storia di Spence inizia un venerdì, apparentemente uguale a tutti gli altri venerdì, nel parcheggio della sua scuola, quando Clara lo tampona con la sua macchina. Preparatevi perché questo inizio lo rivivrete 10 volte. Spence si prepara a vivere l’anniversario della morte della madre da solo, snobbando il padre e nascondendosi dietro all’amico Anthony che proprio quella sera darà una delle sue famose feste da ballo dove però qualcosa andrà storto… molto ma molto storto. Va be’ ve lo dico, scusate lo spoiler, altrimenti mi è difficile farvi percepire come il romanzo procede: la sera alla festa di Anthony Clara, la compagna di scuola di Spence che lo ha tamponato la mattina, muore. Spence assiste alla sua morte e da lì in poi ogni giorno sarà sempre lo stesso: l’eterno ritorno di quel venerdì maledetto. Fortunatamente, si fa per dire, quel venerdì a scuola il prof di filosofia spiega, e lo spiega per dieci volte, l’eterno ritorno di Nietzsche dando a Spence di volta in volta qualche elemento in più per provare ad uscire dal loop in cui è entrato. Spence decide di inserire delle varianti in quella giornata e di arrivare a salvare Clara. Il punto diventerà, pagina dopo pagina e venerdì dopo venerdì, capire da cosa Clara vada davvero salvata, come arriva all’incidente mortale, cosa succede prima di quel momento… ma la chiave, Spence lo scoprirà piuttosto avanti nelle ripetizioni del venerdì, non è Clara, e non è nemmeno lui con il suo lutto, e allora quale sarà? Ve lo lascio scoprire perché il colpo di scena che arriva a tre quarti del libro è parte della qualità del libro.

Dentro L’eterno ritorno ci sono tantissimi elementi interessanti, alcuni di tipo “tematico” legati al contenuto, altri, quelli essenziali, legati alla struttura narrativa. Iniziamo dai primi: piano piano, ripetizione dopo ripetizione, scopriremo che dietro l’incidente di Clara c’è una violenza, un atteggiamento violento e superficiale verso le donne, battute sessiste, cose apparentemente minime, scherzi, giochi, che piano piano si insinuano e modificano l’approccio con le altre persone e con le ragazze in particolare, e che nascono una reale violenza sessuale da parte di uno dei membri del gruppo di Spence. Quando è successo che Spence si sia totalmente distaccato dalla realtà e non sia più riuscito a riconoscere il bene dal male? Com’è accaduto che Spence ha rinunciato a interpretare la realtà con i propri occhi?

L’eterno ritorno almeno in questo qualche aspetto positivo ce l’ha: permette a Spence di ritrovarsi. Di ritrovare il suo essere ragazzo, attento a chi lo circonda, sensibile a chi può essere ferito da una parola, da una presa in giro. Spence riucsirà a salvare Clara? Se volete ve lo dico ma il punto, lo scoprirete con un qualche sconcerto nella lettura, non è lì.

Ma veniamo alla struttura narrativa. Come sempre il contenuto del romanzo è secondario rispetto alla sua riuscita seppure, lo abbiamo detto tante volte, quando il contenuto presenta una spiccata originalità va assolutamente segnalato e credo che questo sia, tra l’altro, uno dei meriti de L’eterno ritorno.

La narrazione è in prima persona, una focalizzazione interna a flaschback (diversamente non potrebbe essere), Spence ci racconta ritorno dopo ritorno il suo venerdì maledetto a partire però da un sogno che potremmo legittimamente domandarci quando e dove l’ha sognato. L’incipit del romanzo è fortissimo e promette una tensione narrativa tipica del giallo che non deluderà.

Ai miei piedi c’è di nuovo un cadavere.

Il cielo è trapunto di stelle e il terreno è cosparso di vetri. Aria fredda e umida e foglie nuove. Sangue sulla strada, ghiaia sulla pelle. Il respiro mi gratta la gola. Mi infilo le nocche in bocca e le mordo.

Che problemi ha questo giorno? La morte lo attraversa come il filo spinato – quella morte dell’anno scorso, e ora questa qui. Veder morire la stessa ragazza cinque volte è davvero troppo.

Ai miei piedi c’è un cadavere: ha gli occhi chiusi, ma non per molto. Ancora un paio d’ore e si risveglierà e ricominceremo tutto da capo.

Mi dispiace.

Mi accuccio. Le liscio i capelli. Mi avvicino.

Svegliati, Clara. Ci siamo dentro insieme, io e te.

L’intreccio è cronologicamente continuo, senza salti ad eccezione dell’incipit e a patto di ricordarci sempre che siamo in un flashback. Si procede dalla prima volta fino alla decima e poi si ricongiunge al presente.

Il ritmo è interessante perché da un lato sembra seguire i principi del giallo – un giallo in cui il detective è il narratore stesso che indaga di volta in volta la scena del delitto, ampiamente inteso, con occhi diversi – dall’altro lavora liberamente con la costruzione dei singoli capitoli perché mano a mano si concentrano sempre di più sulle varianti della giornata. Il fatto che alcuni venerdì presentino delle variazioni rispetto al primo da cui tutto è iniziato apre delle crepe nella teoria dell’eterno ritorno di Nietzsche e fa prendere una strada diversa all’interpretazione in ottica filosofica del romanzo. Ma potremmo anche rintracciare, in ogni ritorno di quel maledetto venerdì, spunti a generi di romanzo diversi, ci sono giorni più romantici, più sentimentali, più splatter, più gialli…. la vita di fatto non torna davvero sempre uguale a se stessa anche perché la vera differenza la fa il fatto che il protagonista è consapevole di star rivivendo la stessa giornata per l’ennesima volta e questo gli da la possibilità di “giocarsela” in maniera diversa, come se si giocasse sempre la stessa partita a scacchi e ogni volta si faccia qualche mossa diversa per modificare il risultato finale.

L’eterno ritorno di Clara Hart è un romanzo che terrà il lettore e la lettrice incastrato tra le pagine proprio come Spence è rimasto incastrato in quel maledetto venerdì. Alla chiusura del romanzo vi resterà in bocca un gusto particolare, quello raro e secondo me bellissimo, del libro che non chiude con la catarsi totale, quello del libro in cui tutto sembra finire per il meglio ma in realtà qualcosa è andato perduto per sempre, proprio come spesso accade nella vita.

Basta qui mi fermo perché ho scritto sin troppo, spero leggerete questo romanzo e che lo proporrete a ragazzi e ragazze per ritrovarsi nell’eterno ritorno di Spence e Clara, e Mia e Anthony e Verme e Bee e….

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