Chiamami Giulietta
Chiamami Giulietta è la storia di Maria… e di come Maria diventò Giulietta… almeno per un po’…
Ma partiamo dall’inizio. Chiamami Giulietta è il nuovo romanzo di Vichi de Marchi edito da Feltrinelli, un romanzo che ha un’ambientazione e che racconta una storia poco conosciuta ma che ha riguardato migliaia di bambine almeno fino a metà del secolo scorso.
Maria è figlia di una famiglia di contadini del Bellunese a cui non è permesso continuare a studiare perché a dodici anni deve cominciare a lavorare sotto padrone come domestica. Farà un apprendistato nel suo paese e poi verrà mandata dalla famiglia a Roma e poi a Milano. Si intreccia a questa storia individuale la storia collettiva del fascismo e della seconda guerra mondiale che le porteranno via una parte della famiglia e soprattutto la porteranno a fare delle scelte coraggiose. Maria è una bambina lavoratrice che subisce diversi tipi di violenze psicologiche ma che riesce sempre a salvarsi da quelle fisiche peggiori, è una ragazzina che non perde la voglia di capire, di leggere, di studiare, di decidere per sé e meno male che la sua amica Cristina, che ha potuto continuare a studiare e a scrivere poesie, è sempre lì al suo fianco a sostenere un pensiero divergente.
Maria ci racconta in prima persona cosa accade della sua vita, cosa pensa di ciò che via via vive, cosa avrebbe desiderato e quali decisioni prende per sottrarsi ad un destino, individuale e collettivo, che non condivide. Il fatto che il romanzo si apra con le parole di Cristina sulla scuola invece che con le sue in prima persona è decisamente significativo.
“Finite le elementari, continuerò a studiare”. Cristina me lo aveva comunicato con un tono di voce sicuro, come di chi esprime un destino già scritto.
Eccolo qui il primo approccio che abbiamo con la voce di Maria, una voce che ci fa sentire se stessa per contrapposizione e che al tempo stesso in quella distanza tra il desiderio e il dover essere ci mette tutta la propria forza e soggettività. Come sapete se mi leggete da un po’, una delle prime cose che valuto in un libro è la scelta della focalizzazione perché è da lì che traggo qualche pensiero sulle scelte compositive e narrative operate dall’autore, autrice in questo caso, e qui la scelta della focalizzazione interna, del personaggio che dice io, mi pare significativa per dare a questa bambina, poi ragazzina e ragazza, voce. Vichi de Marchi sceglie di dare voce a Maria per darla simbolicamente a tutte quelle bambine a cui la storia la voce non l’ha data. A tutte quelle bambine a cui è andata decisamente meno bene che a Maria che, grazie alla sua curiosità e forza d’animo e un minimo di preparazione scolastica, ha potuto riscattarsi dalla storia che le aveva già assegnato un destino preciso.
Vichi de Marchi spesso ci propone romanzi con storie verosimili, storie individuali che diventano sineddoche della Storia collettiva, e lo fa sempre con onestà e amore per i personaggi che crea, soprattutto, come in questo caso, se si tratta di bambine.
Maria vi racconterà la sua infanzia finita troppo presto tra i campi e in casa di signori che non le portavano il rispetto che si deve ad una persona, vi racconterà cosa fosse la povertà in un paesino di montagna ed anche cosa fosse il nutrire pensieri contrari in un’epoca in cui bisognava avere tutti un unico pensiero, fascista. Maria vi racconterà come si è trovata cresciuta, ragazza e poi donna, come è cresciuto anno dopo anno, nella lontananza dal suo primo e unico amore, ed anche come poi abbia deciso di cambiare nome per entrare nella resistenza. Maria, e Giulietta, mi ha trascinata in un pomeriggio di lettura e spero così accada anche a voi che poi potrete proporre questo libro a ragazzi e ragazze in cerca di se stessi.