La traccia
Hai mai pensato di lasciare una traccia del tuo passaggio?
Oppure, meglio ancora, siccome una traccia del tuo passaggio la lasci di sicuro, come ognuno di noi, sapresti dire qual è la traccia che lasci e dove ti piace segnare il tuo passaggio?
Io la mia traccia forse l’ho trovata ma te lo dico alla fine… intanto vorrei raccontarti oggi questo albo illustrato intenso e ironico, si intitola La traccia, è l’opera prima di Tassi, alias Francesco Tassinari, ed è edito da Il Barbagianni.
La traccia racconta la storia di Arturo, cane di B, che, come tutti i cani del quartiere, quando esce annusa le tracce lasciate dagli altri cani e lascia le sue, finché si accorge che le tracce del quartiere non gli bastano più, così decide di partire. Attraverserà in solitaria mari, montagne, cieli, persino la Luna, per poi tornare a casa per raccontare ciò che ha visto e sentito, dove ha lasciato la propria traccia.
Fine della “trama”, per così dire.
Adesso iniziamo a parlare seriamente di questo albo che, come sempre, colpisce per come è fatto più che per cosa racconta sebbene non posso non notare che l’originalità anche del “cosa” in questo caso fa una qualche differenza. Arturo, innanzitutto, parla in prima persona, l’albo ha dunque una focalizzazione interna, che è funzionale a farci entrare nel punto di vista del cane che altrimenti sentiremmo come più estraneo. Come accade praticamente sempre nell’albo illustrato la ricchezza della narrazione sta anche nello sdoppiamento della focalizzazione: se il testo ci fa sentire il pensiero di Arturo, l’illustrazione ce lo fa vedere in movimento, e il modo in cui i due linguaggi si intersecano genera il primo livello di ironia della narrazione. Il testo, ad esempio, non esplicita mai la parola, anzi le parole, che definiscono quale sia la traccia che Arturo e gli altri cani vanno lasciando, è solo l’illustrazione che gioca tutta la propria forza iconica e ironica nella posizione in cui il cane lascia la propria traccia, sin dalla copertina.
Il modo in cui Arturo si muove, poi, nel mondo e tra le pagine, è gestito con un ritmo ben costruito, ci fa fare un viaggio in andata lento che ci permette di accumulare attese e sorprese, per farci poi tornare a casa rapidamente arrivando a chiudere la narrazione con un ritmo più accelerato fino all’ultima e penultima doppia pagina. La velocità del ritmo e il movimento nello spazio sono resi dall’alternarsi di tavole doppie a giorno, e di tavole più piccole, contornate che occupano la medesima pagina e velocizzano lo spazio-tempo narrativo.
Tutto convoglia verso il senso, come sempre, la forma crea la forza del contenuto e qui di contenuto ce n’è tanto: la lettura può generare molteplici livelli interpretativi, dal primo e letterale, e più ironico, indispensabile, a quello più complesso e rispondente alle intenzioni interpretative di ognuno.
Sono anni che, per una serie di motivi, non entro nell’interpretazione dei testi, mi piace restare sulla soglia delle tracce, appunto, e delle soglie che il testo crea con la sua forma, per poi lasciare che la sostanza trovi il senso diverso che ha per ognuno. In questo caso mi limito a domandarmi, in chiusura, se la traccia più importante che lascia Arturo non sia quella che vediamo alla fine del suo viaggio di ritorno, la narrazione che rende ognuno consapevole dell’opportunità che ha di segnare il proprio passaggio nel mondo e nella propria vita.
A sì, ecco quale penso che sia la traccia che mi sento di voler provare a lasciare…
La mia traccia è fatta di libri che, passo dopo passo, giorno dopo giorno, mi piace lasciare lungo il cammino, per segnare il mio passaggio e magari creare un luogo di contro con altre persone.
Oggi la mia traccia è questa, una traccia al quadrato direi, una metatraccia a tutti gli effetti, buona lettura!