Stardust
Stardust è un libro per le persone come me, le persone che non vogliono parlare della crisi climatica.
Vorrei partire da qui, dalla prima e più forte affermazione con cui Hannah apre l’intervista che mi ha così gentilmnte rilasciato, per raccontarvi di Stardust di Hannah Arnesen edito da Orecchio acerbo con la traduzione di Laura Cangemi.
Questo è un post speciale, mezza recensione e mezza intervista perché ho avuto la fortuna di avere la viva voce dell’autrice a raccontare alcune cose preziose del libro ed a lei, alla sua voce, vorrei solo aggiungere qualche elemento che vi permetta anche solo di intuire di che libro straordinario, nel senso proprio del termine, stiamo parlando.
Dunque partiamo dalle domande e risposte di Hannah (le domande le riporto in italiano e vi lascio ascoltare la sua bellissima voce in inglese):
1- Sembra che Stardast nasca da un’urgenza della tua anima, chi è il lettore a cui volevi rivolgerti? A chi stavi pensando quando stavi scrivendo e disegnando?
2- In ognuna delle sezioni parli ad un destinatario diverso: la Terra nella prima parte, il passato; il lettore nella seconda, il presente; e un figlio che forse potrebbe nascere nella terza, il futuro. Perché hai deciso di cambiare il destinatario immaginario?
3- Ho trovato davvero interessanti le pagine con le risposte di ragazzi e bambini, in che modo stai usando Stardust negli incontri con le scuole?

Ecco, spero la voce di Hannah vi abbia avvolto come è accaduto a me; lei e le sue parole volevo che fossero la prima cosa che incontraste di questo libro, qui su Teste fiorite, adesso provo a dirvi in effetti cosa sia Stardust.
Stardust è un grande libro, interamente illustrato, fatto di 350 pagine che raccontano la storia della nostra Terra e lo fa dividendo il libro in tre parti: nella prima, il passato, Hannah si rivolge alla Terra, le parla in prima persona, la interroga sulla sua infanzia, su cosa è stato di lei in origine; la seconda è dedicata al presente e la prima persona dell’autrice si rivolge direttamente al lettore o alla lettrice; e la terza, il futuro, è “a te, figlio, che forse nascerai”.

Se la prima sezione ha una carica poetica visiva incredibile e una dolcezza di impostazione che sembra derivare dal pensiero di parlare ad una Terra “bambina”, di parlare dell’infanzia del Piante, la seconda sezione è sicuramente quella più articolata e stringente per il lettore, la voce si fa più urgente, le domande e la ricerca delle risposte più pressanti, tutto diventa decisamente più impegnativo, chiede un impegno di lettura e di presa di coscienza da parte del lettore.
Stardust è un lungo e bellissimo grido d’allarme per la crisi climatica, tutto si muove e parte e ruota attorno alla domanda rispetto a come sia possibile che si sia arrivati a questo punto. Eppure, come dice l’autrice in un passaggio bellissimo, “perché non provo nulla?”, perché alla consapevolezza non segue l’azione? Mi sono ritrovata moltissimo nelle pagine in cui Hannah racconta di come sia scomodo e fastidioso stare a fianco a qualcuno che davvero si preoccupa del clima, tutto diventa molto deprimente se ci si pensa, eppure i bambini e i ragazzi sembrano registrare il problema con una intensità e preoccupazione che porta persino qualcuno di loro a non immaginare di avere futuro, un problema sociale immensamente preoccupante. Possibile che nemmeno questo ci smuova?
Con la seconda parte, come dice Hannah, l’autrice ha “osato guardare il buio”, il nero assoluto del baratro che abbiamo sotto i piedi.

Se usciamo storditi dalla seconda parte del libro ecco che la terza sembra provare a cercare una via d’uscita, non consolatoria (mai c’è consolazione in questo libro). Il presente, scritto in prima persona immaginando come destinatario un bambino che forse nascerà, cerca il futuro, cerca il pensiero del futuro, ma un pensiero che, come dice lei, “non sia una bugia”, ma permetta una speranza vera a partire dall’unico e solo dato di fatto incontestabile: ora siamo qui e siamo vivi e ciò che sarà dipende anche in buona parte da ogni singolo individuo.
Come sia riuscita questa giovanissima autrice svedese a immaginare e creare un libro del genere in cui, con una scrittura pulitissima e densa e delle illustrazioni che oscillano alla perfezione tra il poetico, l’evocativo, e il realistico, ha dell’incredibile. Certo ci è voluto coraggio. Da parte sua e anche da parte di chi il libro l’ha accolto e l’ha portato a noi.
“Dove possiamo trovare la speranza vera, quella più profonda, che non sia una bugia e ci dica davvero qualcosa sul nostro futuro?” si chiede Hannah insieme ai bambini e bambine, ragazzi e ragazze e lettori che sta incontrando nelle scuole di diversi Paesi.
Impossibile trovare una risposta, ognuno immaginerà la propria, anzi le proprie, da parte mia, fedele fino all’ultimo all’ottimismo della volontà (che non per questo ignora e dimentica la conoscenza) trovo speranza anche in libri come questo. No, non per cosa dice, ma per come è fatto, con una cura estrema verso il proprio lettore e lettrice, specie se bambino.
La bellezza e la cura, l’estetica e l’etica che messe insieme scatenano la meraviglia che traccia una strada di azione presente e responsabile in questo mondo, al servizio di un futuro che ci sarà se riusciremo a darle spazio e a difenderla.