Guarda dalla finestra
Guarda dalla finestra.
Punta gli occhi sotto le fronde del primo melo.
Lo vedi l’uomo appoggiato al tronco?
No? Schiaccia la fronte sul vetro.
Ora lo vedi. È appoggiato al tronco e fissa la casa. Dalla postura capisci che è venuto apposta.
Guarda dalla finestra di Evald Flisar edito da Besa Muci nella collana Rendez-vous con la traduzione di Lucia Gaja Scuteri è un romanzo particolarissimo.
Guarda dalla finestra racconta la storia di un ragazzino che, a seguito di un trauma profondo vissuto nel giorno del suo compleanno, decide di andarsene di casa, anzi, di andarsene dal mondo e affogarsi nel fiume vicino casa, la Kôlpa (lo so che è solo suggestione sonora ma il nome è tutto un programma…). Un ragazzo migrante dalla Siria, disperatamente alla ricerca di passare i confini tra Croazia e Slovenia per poi intraprendere il viaggio verso Londra per ritrovare il fratello, vede il ragazzino che sta affogando nel fiume e lo salva. Come avviene talvolta in queste occasioni chi viene salvato giura fedeltà eterna a chi l’ha salvato ed è così che il nostro protagonista muta il suo intento di lasciare la vita con la decisione di lasciare solo la propria casa ed aiutare Ahmed a raggiungere Londra.
Lo sapete che odio le trame, e le sinossi, vero?
Ecco, Guarda dalla finestra è uno di quei libri in cui provare a sintetizzare gli avvenimenti non solo è difficile ma risulta particolarmente inefficace perché si tratta di un romanzo profondamente intimo in cui ciò che accade avviene prevalentemente nell’animo del protagonista. Dunque proverò qui solo ad elencare alcuni elementi della vicenda sperando che possano anche solo incuriosirvi e farvi intuire la particolarità narrativa, anche dal punto di vista del contenuto, cosa per altro abbastanza rara…
- partiamo dal nostro personaggio a cui la voce narrante da del tu (ci torno tra poco), un ragazzino a cui, il giorno del quindicesimo compleanno, regalano il sanguinaccio fatto fresco fresco di prima mattina con il sangue di Porcello il suo migliore amico. Sì, il nostro personaggio ha per migliore amico un animale, un maiale. Dopo quello che per tutta la narrazione viene chiamato lo Sfortunato il nostro ragazzino resta isolato e non trova umani, tanto meno coetanei, con cui entrare in empatia, è Porcello il suo amico più prezioso e non solo gli viene ucciso per fargli una sorpresa, ma ad ucciderlo sono i suoi genitori e in più, il libro si apre con il nostro piccolo eroe che guarda dalla finestra all’alba ed assiste a tutta la scena. Per altro il primo capitolo che è tutto costruito su falsi indizi è davvero interessante. L’elemento tematico del libro che ruota attorno agli animali, agli allevamenti intensivi dei maiali, alla lotta per liberarli non è affatto secondario in Guarda dalla finestra e da solo regge l’intera narrazione almeno fino al capitolo 17 quando compare il secondo protagonista umano della narrazione.
- Ed eccolo qui, Ahmed, il ragazzo siriano a cui è stata sterminata la famiglia e che vuole solo arrivare a Londra dal fratello. Sarà lui l’unico a dare fiducia, non foss’altro che per mancanza di alternative, al ragazzino che poi davvero lo porterà sano e salvo oltre le frontiere fino a Londra. Insieme Ahmed e il ragazzo infrangono una quantità innumerabile di leggi, rubano una quantità di macchine e… liberano diversi maiali dagli allevamenti intensivi, prima di arrivare per davvero dal fratello di Ahmed a Londra.
- E poi arriva l’elemento tematico che si innesta sopra quello dei maiali, ovvero quello della lotta islamica, accadono cose che il lettore, come il protagonista, non immagina nè immaginerebbe mai. E soprattutto accadono con una costruzione narrativa tale da essere di difficile interpretazione fino alla fine. Intendo dire che non capiamo bene cosa sta accadendo fino a quando non è accaduto e ci lascia decisamente sorpresi e sconcertati.
In tutto questo caos di parole, eventi, pensieri frammentari, liste che il protagonista scrive per tenere traccia e memoria di ciò che accade, spicca la voce narrante, questo tu che sembra inizialmente rivolgersi al lettore (di solito è così quando abbiamo un narratore che da del tu) e invece si rivolge al protagonista. Una voce che diventa sempre più forte e protagonista essa stessa della narrazione
Guarda dalla finestra.
La tua voce interiore ti ordina di contionuo di guardare dalla finestra.
Di chi è questa voce?
È apparta la prima volta poco dopo lo Sfortunato evento. NOn è una voce che tu senti per davvero, è più una vibrazione che percepisci nella testa. E ogni volta la vivi in modo diverso: come un’indicazione, come un ordine. Come una richiesta. Come un consiglio.
Non puoi mai ribellarti alla voce.
Anche stavolta, no.
Cap. 32
Eccola qui la voce che si autodichiara e spiega chi è e da dove viene…
E oltre la voce c’è la finestra, quella benedetta finestra che apre spessissimo il capitolo e che richiama in continuazione il protagonista. Guarda dalla finestra anche quando la finestra non c’è… e che cosa è dunque questa finestra da cui la voce incita a guardare?
Non ve lo dirà mai, ci mancherebbe, però tutto si scioglie nelle pagine finali quando quando i fili dell’intreccio narrativo tra anima del protagonista e terrorismo di stampo islamico vendono a galla e ci lasciano a bocca aperta.
Va bene, lo ammetto, faccio moltissima fatica a provare a dire che cosa è Guarda dalla finestra, non credo di aver trovato parole e strade argomentative sensate e utili a farvelo anche solo immaginare, vi chiedo scusa, e tuttavia forse anche in questo sta un elemento di forza di questo romanzo che non si lascia catturare nemmeno nella sintesi descrittiva di ciò che accade. Che ci spinge ad una lettura continuativa che amalgama la frammentarierà di espressione della voce per cercare di capire dove cavolo va a parare la storia. Che cavolo di storia sta raccontando?
Non ci resta che affidarci alla voce, e al personaggio principale e lasciarci andare alla lettura, e se avrete modo di leggere il libro, come spero, vi prego di tornare a dirmi cosa ne avrete pensato.
Io qui vi lascio con un’ultima postilla: tenete d’occhio i genitori del protagonista, la relazione tra loro e il ragazzino perché è davvero interessante, e spiazzante, incontrare questi adulti così lontani dall’entrare in empatia o anche solo in contatto verbale con li proprio figlio, lascia davvero di stucco, a tratti.