Incorporea
Piccola avvertenza prima di iniziare! Per leggere questo post, come il libro di cui parla, si raccomanda il sottofondo sonoro di questa canzone
Chi decide per noi se oggi saremo felici?
Così si apre Incorporea di Benedetta Bonfiglioli edito da Giralangolo.
Questa è la domanda con cui Jude ci accoglie nella sua storia, una storia di ossessioni e desideri misinterpretati.
Incorporea ci regala il privilegio di entrare nei pensieri di un’adolescente che si è incastrata nelle ossessioni che portano ai disturbi alimentari ma se vi dicessi che questo è un romanzo sull’anoressia semplificherei orrendamente e direi anche una mezza bugia.
Incorporea è innanzitutto un romanzo che riesce a dare corpo a ciò che non lo ha che, certo, è anche il corpo fisico di Jude che porta la sua fisicità al limite puntando all’invisibilità, ma soprattutto, mi sembra, è il corpo dei pensieri, delle ossessioni e dei dolori che la mente di Jude, come quella di tantissimi ragazzi e ragazze racchiude. La Bonfiglioli riesce a dare corpo a tutto questo con una scrittura densa, fisica, che si concentra sulle singole parole e, nel dare senso all’inconrporeità ci si oppone con tutto il suo corpo testuale e semantico e sintattico.
Non vi dico se Jude ce la farà, non sono qui certo per raccontarvi come va a finire una storia, o una vita, bensì per raccontare come si muovono le storie, come riescono a fare ciò che fanno, nel caso di Incorporea come fa a emozionare così tanto il lettore, o la lettrice, a dargli i brividi e a spaventarlo a morte.
Indubbiamente la focalizzazione interna che ci fa sentire la voce di Jude è scelta centrale nella riuscita di questa narrazione ma è anche quella che più sarebbe potuta essere rischiosa portando con sé un carico di angoscia notevole per chi legge e qui sta anche il coraggio di questa scelta che punta proprio lì, a far sentire al lettore, almeno in parte, quello che sente Jude, il carico di dolore, sì, ma anche… lo scoprirete, spero, leggendo il libro.
[…] Fu allora che cominciai a sparire. Per passare inosservata.E sparire non è tanto difficile, basta procedere con metodo.
Prima i suoni. Niente voce, niente opinioni, niente idee, niente domande, piano piano smetti di sapere un sacco di cose che succedono, il tuo mondo diventa sempre più piccolo e alla fine non te ne frega niente perché a malapena esisti tu.
Poi la vista. Sparire dagli occhi degli altri richiede tempo, ma succede, i vestiti diventano mano mano meno appariscenti, quasi sempre neri, informi e grandi, il trucco scompare, i capelli crescono senza forma, limiti i movimenti per no dare nell’occhio, sparisce l’odore perché curi la tua igiene in modo maniacale per non averne.
Quando avevo quattordici anni successe tutto questo.
E molto altro.
Nella storia di Jude c’è tanta aria mortifera quanto vitale che si contendono la scena strutturando un romanzo che sta a cavallo tra tanti generi letterari come sono solite fare le narrazioni d’autore, in questo caso d’autrice, che non si lasciano catturare in una definizione. In Jude c’è il romanzo di formazione, indubbiamente, ma anche un romanzo familiare, intimistico, d’amore e, perché no, un pizzico di giallo, quello che ci portiamo dietro tutti tutti i giorni non sapendo come la nostra storia andrà a finire quando, presto o tardi, finirà.
Ma Jude racchiude anche una questione fondamentale che esplicita sin dalla prima riga, quella della felicità, che è parola retorica e direi vuota se la si usa come troppo spesso vedo fare, soprattutto nei titoli dei libri per bambini e bambine, ma che acquista la sua vera potenza se a dirla è Jude che si chiede se mai e quando e come potrà essere felice. Se mi metto dalla parte dell’adulto che legge ma anche dell’adulto genitore non posso fare a meno di sentire anche la personificazione con la mamma di Jude, come si fa a trovare la forza di vedere la propria figlia scivolare nell’abisso dell’infelicità?
Auguro a ragazzi e ragazze, ma in questo caso anche agli adulti che a qualsiasi titolo se ne prendono cura, di entrare in Incorporea, di arrivare al fondo abissale del dolore che la vita può portare e da lì risalire, magari, perché no, modificati, almeno un pochino.
Se è vero, come è vero, che con la lettura si esperisce, e si esperisce in sicurezza, allora sono grata alla Bonfiglioli di essere riuscita a farmi provare almeno un’eco di quello che sente chi attraversa l’inferno di Jude, e di chi le vuole bene.
Se volete sentire il vostro corpo vivo, la lingua viva e insieme sperimentare cosa voglia dire perdere la fisicità che ci rende vivi Incorporea è un libro imperdibile.