Topè
Le prime letture, ovvero quei libri pensati per bambini e bambine che si approcciano alla lettura autonoma sono un campo minato, si tratta forse del luogo editoriale in cui il mercato dà il peggio di sè abdicando alle storie degne dei lettori in nome di una presunta volontà educante. Chissà perché quando uno impara a leggere bisogna anche che impari attraverso le storie a fare tanto altre cose che agli adulti piacciono tanto. E se li lasciassimo leggere, sperimentare tutta l’immonda fatica che il processo di decodifica dei caratteri tipografici richiede appagandoli poi con una lettura degna di essere letta e ricordata?
Scusate questo lungo sfogo per dire che quando si incontra una prima lettura bella come il libro di oggi c’è da festeggiare.
Il libro di oggi, dunque, è Topè di Roberto Piumini con le illustrazioni di Isadora Bucciarelli edito da Bianco e nero.
La storia di un topino che una mattina si sveglia e non trova più la mamma, il papà e i suoi 5 fratelli. E siccome Topè ha la memoria corta, forse, ma la pancia che brontola, si avventura fuori dalla tana e seguendo il proprio naso si nutrirà e ritroverà la sua famiglia.

Basta qui, qui mi fermo perché, come sempre, la trama non è certo ciò che mi interessa di un libro bensì la sua forma.
Piumini costruisce la storia di Topè con una focalizzazione zero onnisciente, ovvero con un narratore esterno onnisciente che non solo ci racconta la storia di Topè ma interviene a piè pari nella narrazione, ci fa sentire la sua voce e, potrebbe anche essere, che la faccia sentire anche al piccolo protagonista… Quando Topè deve prendere delle decisioni sulla strada da prendere dietro la guida del proprio naso e della fame ecco che Piumini ricorre alla filastrocca indovinello per richiamare la relazione con il lettore e sollecitare la scelta del protagonista.

Noi non sappiamo, qui il narratore diventa reticente, se Topè sente le filastrocche o se le sentiamo/leggiamo solo noi, certo è che ogni filastrocca segna la strada di Topè verso l’appagamento della fame e della ricerca della famiglia che pensa di aver dimenticato ma che abita nei suoi sogni.

La storia di Topè è suddivisa in capitoli lunghi una facciata che, insieme alla scrittura sonora, piuttosto paratattica e alternata alle filastrocche, contribuisce ad agevolare moltissimo la lettura autonoma. Il lettore è allo stesso tempo agevolato e “legittimato” a fermarsi per riposare anche ad ogni pagina, se lo ritiene necessario, dall’altro la costruzione della scrittura e dell’intreccio chiama a proseguire con curiosità. Piumini è maestro della scrittura da cinquant’anni e la maestria nella costruzione di questa storia tra forma e contenuto è degna della cura che si deve ai lettori che imparano a leggere da soli.

Dentro Topè c’è tutto: un viaggio, una ricerca, i bisogno primari e secondari, la questione di cosa sanno i piccoli e delle loro competenze, e molto ma molto altro, se vogliamo andare a cercare. Ma preferisco rimanere alla superficie della lingua, che è la cosa che mi interessa di più in questo contesto e rilevare quanto sia forte il ritmo di questa storia che conduce avanti nella lettura senza mai stancare, è il ritmo che più riesce a scongiurare la monotonia e banalità di una storia, ed anche la sua totale assenza di volontà moralistica e didatticistica, che non vuol certo dire che il libro non sia silenziosamente significante e significativo di per sè.
L’ironia nella lingua e nella narrazione di Piumini qui regna sovrana insieme ad una poeticità e sonorità che al mio orecchio bambino ricorda la lingua e la struttura narrativa del meraviglioso Treno di Bogotà che mi ha accompagnata nell’infanzia.
E giunta la fine della storia di Topè, alla catarsi del suo viaggio e del suo dramma, ecco che il finale si apre pronto ad accompagnarci nell’immaginazione di nuove avventure per Topè.
Ma vedete, là a destra, quelluscita?
della tana? Ha una forma strana.
Una forma di caciotta?
Una forma di teiera?
Dove porta, l’uscita strana?
Chi lo sa?
Chi lo sa?
Chi lo sa?
Penso francamente che se Topè e libri di questa portata narrativa incontrassero tutti i bambini e le bambine che affrontano la prima fatica di leggere da soli avremmo molto più lettori e lettrici, voi che ne pensate?