Albero. Tavolo. Libro.
Il nuovo libro di Lois Lowry
Lois Lowry oggi è un’anziana signora di 87 anni, vive negli Stati Uniti e continua a scrivere per ragazzi e ragazze, per fortuna nostra.
Proprio in questi giorni esce in Italia il suo nuovo libro, scritto nel 2023, intitolato Albero. Tavolo. Libro, esce per i tipi di 21lettere che ci avevano già regalato la serie di Anastasia ed altri libri della Lowry, con la traduzione di Dylan Rocknroll.
Ed è proprio di Albero. Tavolo. Libro, che voglio parlarvi oggi, un libro particolare che mette al centro del racconto la relazione tra una ragazzina di 11 anni e la sua migliore amica, un’anziana signora di 77 anni più vecchia di lei. Una delle due protagoniste è dunque coetanea dell’autrice eppure il punto di vista che noi ascoltiamo non è quello della Sophia ultra ottantenne bensì della Sophia undicenne. La Lowry, gigante della letteratura per ragazzi e ragazze, continua a riuscire a farci sentire la voce dei suoi giovanissimi protagonisti e fa dire io, con una focalizzazione interna molto forte, alla ragazzina che si preoccupa del declino fisico della sua migliore amica.
Cosa accade in questo libro? È presto detto, si fa per dire, Sophia, la piccola, scopre, origliando una conversazione telefonica dei genitori, che forse Sophia, la grande, verrà trasferita di casa per avvicinarsi al figlio e stare in una struttura adatta alle sue condizioni di continuo peggioramento della memoria. Da qui in poi Sophia, la piccola, decide di testare la memoria di Sophia, la grande, con dei test che legge in un libro di medicina, per dimostrare che la memoria dell’anziana signora regge benissimo e dunque nulla osta alla sua permanenza nella casa vicina alla protagonista. I test mnemonici non vanno proprio bene e Sophia, la piccola, escogita uno stratagemma per agganciare i ricordi di Sophia, la grande: collegare le parole alle storie della memoria così da far permanere la parola nella memoria.
Le parole sono quelle del titolo, Albero Tavolo e Libro, per ognuna di essa Sophia, la grande, racconta un ricordo della sua infanzia, come accade a molti anziani ricordare le cose prossime diventa impresa quasi impossibile mentre il passato remotissimo torna vivido, i racconti di Tavolo e Albero vi sorprenderanno e faranno sorridere, andremo nella Polonia di primo Novecento dove viveva la famiglia ebrei di Sophia, la grande. Ma sarà la parola libro che vi lascerà di stucco, a voi, come a me, come a Sophia, la piccola. Una storia incredibile che non vi racconterò mai nemmeno sotto tortura ma vi dico solo che il fatto che Sphia, la grande, sia ebrea non sarà un dettaglio trascurabile.
Lois Lowry riesce, ancora una volta, a creare una grande narrazione a partire da cose minime, la vita qui pulsa negli oggetti di vita quotidiana, nelle relazioni di ogni giorno e ci porta nell’intimità del rapporto tra Storia e Memoria. Una scrittura calda e lieve, un punto di vista ribassato, rispetto all’età, che permette di entrare nelle profondità della memoria di una delle due protagoniste, e dell’animo dell’altra. Sophia, la grande, si prende per sè il punto di vista interiore quando narra, ma l’alternanza di voci ci permette di tenere quella distanza giusta per permettere al lettore e alla lettrice di ascoltare senza immedesimarsi troppo in questa narrazione che non è solo lontana nel tempo ma diventa fortemente angosciosa in alcuni punti. La memoria e il discorso diretto creano l’ambiente giusto per ascoltare questa storia dolcissima.
Sophia la piccola, la narratrice in prima persona, è una ragazzina più che in gamba, che costruisce questa narrazione come un gioco con il lettore e la lettrice a cui dà del tu e a cui sottopone la stessa prova di memoria di Sophia, la grande.
Ti dirò tre parole. le sceglierò a caso. Ascolta bene.
Sarà importante.
Casa
Ombrello.
Mela.
Ricordatele. Ti spiegherò poi.
Questo l’incipit del libro. Prima ancora di capire in che razza di libro siamo finiti Sophia chiede al lettore collaborazione, conta su di noi e scrive questa storia in maniera consapevole ed esplicita, tanto che l’ultimo capitolo si aprirà così:
Si dà il caso che non sia così facile come avevo inizialmente descritto, scrivere una storia. Una cosa ne porta un’altra, e poi la prossima cosa succede, ma poi… qualcosa ti coglie di sorpresa. La storia cambia. Spargerci qualche aggettivo non aiuta. Devi metterci i sentimenti. È quello il segreto. È la parte difficile.
Spero proprio che questo non sarà l’ultimo libro della Lowry, le auguriamo lunghissima vita e ci auguriamo di leggere tante altre sue storie magnificamente scritte, e tuttavia mi pare indubbio che qui c’è aria di una specie di “testamento spirituale” della scrittura, cosa ci vuole per scrivere una storia: seguire gli accidenti della storia, che poi sono quelli anche della Storia e nella Lowry la Storia con la S maiuscola è sempre molto ma molto presente, ma soprattutto, e questo lo potremmo mettere a caratteri cubitali, “spargerci qualche aggettivo non funziona”:
Se cercherete la grandezza della Lowry di The giver in questo libro la troverete, nei personaggi, nella loro costruzione, nella loro evoluzione. Nulla di vicino tra le due forme narrative eppure la scrittura è lì, la poetica pure, non nella forma scelta per narrare ma nei suoi personaggi.