Analisi e Interpretazione
Dai, dite la verità, da quanto tempo non vi propongo un post-icino critico?
Beh, portate pazienza ma oggi vi tocca e se non siete in vena vi chiedo scusa e vi invito a tornare su queste pagie virtuali domani o ad andare alle oltre 2200 recensioni di libri presenti.
Il pensiero che vorrei condividere con voi oggi riguarda questo: la differenza tra analizzare e interpretare.
Sono una teorica della letteratura, mi occupo di critica letteraria da molto tempo e la mia passione è sempre stata quella di entrare nei testi e farli parlare dall’interno, per le loro costruzioni narrative, per la loro forma e, certo, anche per ciò che dicono ma più per come lo fanno attraverso la forma che non esplicitamente. Insomma, il mio mestiere dovrebbe essere sostanzialmente quello di interpretare i testi e invece da diversi anni ho scelto, per lo più, quando lavoro con teste fiorite, di restare sull’analisi e lasciare il piano ermeneutico. Ma forse non è così chiara la differenza tra i due piani di lavoro sui libri e proprio a questo vorrei dedicare la riflessione di oggi.
L’analisi: l’analisi di un testo riguarda tutti gli aspetti della costruzione linguistico-estetica del libro per cui la sintassi, la lingua, le figure retoriche, la costruzione di personaggi e focalizzazioni, il ritmo e tutto ciò che riguarda il testo; e la sintassi dell’immagine se abbiamo un libro con le figure, per cui la costruzione della singola tavola, della coerenza interna, del ritmo tutti quegli aspetti che rendono l’illustrazione significante. Naturalmente il rapporto tra i diversi linguaggi del testo se ci troviamo in presenza di libri come albi illustrati o romanzi a figure o divulgazione o poesia illustrata o fumetto. Insomma l’analisi parte dalla lettura consapevole e oserei dire per alcuni versi oggettiva (posto che l’oggettività assoluta non esiste nell’ambito artistico, per fortuna) di come un testo è fatto e come significa riuscendo ad entrare in relazione con il proprio lettore o lettrice a partire dalla sua costruzione letteraria.
L’interpretazione: L’interpretazione, l’ermeneutica di un testo, è invece il processo per cui all’analisi si da un senso ulteriore, lo si interpreta alla luce, ad esempio, del contesto storico, della produzione dell’autore, dei “temi” affrontati. Esistono linee di critica interpretativa delle più svariate come la critica marxista, la psicanalitica, la decostruzionista, la ricezionista, la formalista ecc. ecc. Quando interpreto a me piace sempre stare leggera su tutte le correnti e tenerle un po’ tutte da conto per vedere il testo non per singole sfaccettature ma nel suo insieme, tuttavia, come dicevo, sto cercando di smettere, quando scrivo qui o quando faccio i corsi ecc. E il motivo per cui sto cercando di smettere è che ogni interpretazione blocca quella degli altri specialmente si parliamo di confronto non tra pari ma tra, ad esempio, specialisti e lettori ingenui o, come è il caso che mi sta più a cuore, tra docente e alunni.
Se l’insegnante dà la propria interpretazione per prima vincola ad essa, anche in maniera del tutto involontaria, quella di bambini e bambine, ragazze e ragazze e questo limita tantissimo la possibilità di espressione di questi individui che, non solo hanno le loro proprie interpretazioni a cui da voce ma soprattutto, attraverso di esse, attraverso ogni singola parola che usano per parlare di un libro, raccontano qualcosa di se stessi. La loro interpretazione del testo è sempre un’interpretazione a partire da se stessi e non da testo stesso, o meglio, a partire da testo trova la via per emergere un vissuto interiore personale. È dunque secondo me importante che il confronto attorno ad un libro, in diversi ambiti che non siano specialistici, sia svincolato da una interpretazione autorevole, o ritenuta tale, per permettere ad ognuno di elaborare la propria interpretazione e al gruppo di crescere nella collaboratività del pensiero critico.
L’analisi dunque ci aiuta ad entrare nei testi, a vedere dove e come essi significano se stessi, e tuttavia per andare poi a vedere cosa essi significano per ognuno di noi credo ci voglia la capacità, da parte di chi analizza, di fermarsi a quel piano di lavoro e lasciare che l’ermeneutica si sprigioni ad un altro livello tenendo come centro il testo, senz’altro, ma soprattutto il lettore e la lettrice.
La grande critica apre strade inattese e permette di far vivere ai testi ancora più vite di quelle che normalmente avrebbe perché agevola il confronto con un maggior numero di lettori, porta e porge i libri ai lettori ingenui catturandoli e incuriosendoli a leggere per se stessi, non si impone come interprete assoluta e “giusta” di ciò che il testo dice come se detenesse una verità che ai lettori ingenui è negata.
Come mi disse una volta, anzi mi scrisse, Esther Judith Singer, meglio nota come Chichita Calvino, la moglie di Italo Calvino, l’interpretazione è aperta a tutti e in parte ovvia. Quella volta, tanti anni fa, studiavo in maniera filologica i testi del marito, non capii questa risposta ed anzi mi indispettì, oggi la sento in tutta la sua forza e provo a fare questo, nel mio piccolissimo, con teste fiorite, aprire il testo attraverso l’analisi proprio perché apra la sua interpretazione ad ogni lettore e lettrice, soprattutto piccolo o giovane.
E voi? Che ne pensate di questa cosa? Come la vedete la faccenda? Vi pare oziosa elucubrazione teorica o ci sentite dentro pulsare una pratica importante per la didattica della lettura, ops della letteratura?