Magia di mezz’estate

Quest’estate ho deciso di tornare da un’autrice che amo molto e soprattutto da dei personaggi che non solo adoro ma oserei dire che ho sempre vicino come ispirazione… per cosa, mi chiederete voi, francamente non lo so neanch’io ma so che ogni giorno i Mumin sono con me e Primula (la bambina di teste fiorite) a segnare una strada…

Il libro a cui sono tornata e che vi racconto oggi è dunque Magia di mezz’estate di Tove Jansson edito da Salani con la traduzione di Donatella Ziliotto e Maria Hellström, uno dei romanzi che la Jansson dedicò alle incredibili creature della Valle dei Mumin, le conoscete?

Dunque questa narrazione comincia con una specie di onda anomala, prodotta a quanto pare dall’eruzione di un vulcano, che allaga la valle dei Mumin e obbliga i suoi abitanti a spostarsi, almeno temporaneamente, la famiglia Mumin cerca di recuperare alcune cose dalla sua casa e poi si trasferisce su una cosa strana galleggiante che viene loro in contro in acqua e che si rivelerà essere, in maniera incredibile come accadono le cose ai Mumin, un teatro… I protagonisti della storia sono, insieme a Mamma e Papa Mumin, Troll Mumin e Grugnina, Mimla e la sua minuscola sorella Mi e poi Tabacco, i Selvagnoli, gli Emuli e dei personaggi proprio di questa narrazione specifica, che non è detto torneranno in altre storie della Valle dei Mumin.

Questa volta non per la mia solita reticenza nel riferire le trame ma proprio per la struttura della scrittura della Jansson mi trovo completamente incapace a stringere in poche righe gli avvenimenti della storia: come mi pare sia elemento tipico della poetica dei Mumin la forza della narrazione non sta in ciò che accade quanto, piuttosto, in ciò che NON accade…

Affermazione un po’ strana, mi rendo conto, provo a spiegarmi: non è che non accada nulla in Magia di mezz’estate, anzi, accadono un sacco di cose che complicano abbastanza l’intreccio, e tuttavia è come se la storia in sé non si lasciasse prendere perché il centro non è lei bensì, mi pare, i personaggi o, meglio ancora, la relazione tra i personaggi.

La prosa della Jansson o forse sarebbe meglio dire il modo in cui ha creato e immaginato e dato vita al mondo dei Mumin con tutti i vari personaggi che lo popolano, è al limite dell’assurdo, ciò che colpisce, cattura e sorprende nelle storie di Mumin e qui in particolare avendo in più l’elemento fortissimo e metanarrativo del teatro, è l’urto che si sviluppa a livello narrativo e di dialoghi tra la realtà come la conosciamo e alcune cose che accadono, specie nei dialoghi, che non sono assurde di per sé ma risultano tali nei contesti in cui vengono inseriti. Faccio un esempio, Mamma Mumin, che forse resta il mio personaggio preferito, non rinuncia alla sua organizzazione della casa, di buona mamma e di buona ospite nemmeno con la casa allagata, arriva a far fare un buco nel pavimento del primo piano della casa per tuffarsi al piano di sotto (allagato) per recuperare tazze e zucchero per fare il te, o ancora, nelle situazioni più difficili e in emergenza pensa a come spazzare bene il vialetto di casa o a se ha fatto la scialuppa per la barca che ha costruito per Mumin, tiene tutto sotto controllo ma dimentica che è la notte della festa di mezza estate, la più importante dell’anno. Papà Mumin poi vive in un mondo tutto suo in cui raramente entra davvero in relazione col contesto in cui si trova. E così via, ognuno dei protagonisti risulta caricato in un senso emotivo, sono come delle piccole micce che restano accese, come se fossero dei tipi di caratteri… in questo senso dentro al contesto teatrale c’è da dire che ci stanno benissimo tanto è vero che quando, verso la fine, durante lo spettacolo che mettono in scena, dimenticano le battute e improvvisano facendo tutt’altro, ovvero essendo loro stessi, sul palco, ecco che finalmente lo spettacolo funziona e il pubblico capisce cosa accade e apprezza. Forse Mumin è il solo ad avere una sfaccettatura diversa, a essere meno caricato in un senso o in un’altro.

Rileggendo questo libro mi è apparso per la prima vola evidente come ogni personaggio segua una sua “emozione”, come i Mumin, letti con la giusta ingenuità che la lettura pura richiede e senza devastarli con vivisezioni a scopo didattico, potrebbero essere davvero perfetti per un viaggio tra le emozioni, ognuno con il proprio portato di straordinaria “umanità” e al tempo stesso di assurdità che lo rende un compagno unico con cui confrontarsi. In questo senso, credo di poter dire, i Mumin li tengo sempre vicini, loro significano la complessità insieme, presi singolarmente significano tutt’altro, qualcosa di ironico, meraviglioso, ma parziale, la Jansson crea un intero mondo in cui ogni personaggio è necessario non solo all’equilibrio ma anche a creare quegli squilibri che poi permettono alle storie di accadere e ai personaggi di riportare un nuovo ordine per l’avventura di vita successiva.

Vi lascio con una citazione che ho trovato illuminante di quando finalmente viene svelato ai Mumin che sono capitati in un teatro e non in una semplice casa galleggiante e qualcuno si prende la briga di spiegare loro cosa sia il teatro…

“Un teatro non è nè il vostro salotto nè un molo. Un teatro è l’istituzione più importante del mondo, perché dimostra alla gente come potrebbe essere, come desidera essere anche se non osa diventarlo, e com’è in realtà”.

“Un riformatorio, allora!” esclamò spaventata Mamma Mumin.

Ecco qui condensato quello che provavo a dire del “funzionamento” dei Mumin: da un lato il cozzare tra poesia e interpretazione letterale che produce l’effetto di assurdo e di ironia, dall’altro la forza del dialogo che così tanto ha in comune con il teatro, non a caso la Jansson ha messo in vita i suoi Mumin molto spesso in forma di fumetto, più che di narrativa. In ultimo la costruzione del romanzo in terza persona con un narratore zero onnisciente permette di modulare e contestualizzare ciò che sta accadendo di assurdo sulla scena del romanzo e la struttura circolare che alla fine ci riconduce al luogo fisico ed emotivo dell’inizio contribuisce a chiudere come in una quinta l’avventura centrale, che occupa praticamente l’intero romanzo, e la rende quasi un sogno, una parentesi, il sogno, appunto, di una notte di mezza estate….

Non so se vi piacciono e se conoscete i Mumin, queste loro storie incredibili così poetiche eppure così incredibili, ditemi cosa ne pensate, se vi ritrovate nelle sensazioni che mi ha dato questo romanzo!

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