Silenzio assenzio. Poesie non scelte
Care teste fiorite,
il libro che vi propongo oggi è di una levità, ironia, complessa semplicità che spero sortisca l’effetto non solo di innamorarvi e farvi sentire innamorati (di cosa e di chi a voi la scelta) ma anche di tenervi al fresco grazie all’aria che si sente girare tra le pagine, quel bianco (con un paio di significative eccezioni) che accompagna ogni verso lasciandoci spazio per respirare, sorridere, immaginare, ridere.
Il libro di oggi è Silenzio assenzio. Poesie non scelte di Massimiliano Tappari edito da Industria & Letteratura nella collana Fresbee il cui logo bellissimo che vedete in copertina è disegnato da Sergio Ruzzier. Un libro di poesie, anzi direi di versi, in versi, per lo più distici o terzine singole, incrociare il nome di Tappari con la poesia non è certo una novità, quello che forse non vi aspettereste è che in questo lavoro poetico ha rinunciato alla fotografia. Certo abbiamo il bel precedente di Infanzia di un fotografo edito da Topipittori in cui non c’erano foto ma una prosa particolarissima, però, appunto, quella era una prosa quasi aneddotica, qui invece ci troviamo nella poesia in cui però da padrone la fanno le parole, senza foto, curioso, venite a vedere questo piccolo libro bellissimo che ne è nato!
Tutti parlano del meteo
io invece vorrei solo
parlare di me e te.
Silenzio assenzio che per altro ha una veste tipografica raffinatissima, un piacere tenere in mano questo libro, racchiude 104 componimenti in versi, uno per ogni facciata, tutti che ruotano attorno al sentimento amoroso ma vi assicuro che lungi dal ruotare attorno ad uno dei topos poetici più triti e ritriti che ci siano vedrete e sentirete l’amore come non vi è mai capitato prima.
Come?
Con una scelta abbastanza precisa: Tappari decide di dare la precedenza all’eco semantica delle parole.
Quando non ci sei
bevo il tuo silenzio.
Silenzio assenzio
Non lo fanno tutte le poesie? Direte voi
Certo! Dirò io. Però normalmente l’eco semantico deriva dal rapporto tra suono e senso della parola e produce significati che tendono a distaccarsi dalla “fisicità” della parola, qui, invece, succede un’altra cosa. Quello che prevale nella scelta delle parole, prima ancora del suono, è il senso letterale, il gioco di parole insito nell’uso che si può fare della medesima parola se la riferiamo a contesti comunicativi diversi.
Tu mi colmi
quando tu
call me
Si tratta di un gioco al tempo stesso complesso da costruire ma che tra i primi che facciamo da bambini quando apprendiamo la lingua, quando, non conoscendo tutti i sensi della medesima parola si creano dei fraintendimenti di senso, si costruiscono le chimere di significato che spesso ci fanno sorridere e che dovrebbero molto farci riflettere su come la lingua non solo si sviluppa ma significa nei vari momenti della crescita.
Riptodurre questo processo in maniera artificiale, ovvero volontaria e non ingenua da adulti richiede una consapevolezza linguistica ed una capacità di stare al gioco con la lingua fuori dal comune. Ci vuole un orecchio acerbo bello acerbo per sentire la lingua fuori dalle sue implicazioni note, capace di giocare con se stessa recuperando suoni e sensi che entrano in cortocircuito tra senso letterale, e nonsense.
Si sta d’inverno
come le uova
sotto il culo
delle galline
Beh, Tappari ci riesce e ci regala 100 poesie che si rincorrono e che svelano sin dal titolo tutta la loro natura giocosa con la consapevolezza profonda che poche cose siano serie come il gioco, per i bambini, ma anche per gli innamorati perché, non dimentichiamocelo, questa è una raccolta di poesia d’amore. E non si tratta di un libro per bambini, questa non è una raccolta di poesie che può agganciare indubbiamente un lettore o lettrice giovane, penso a un adolescente al primo amore, o ad alcuni versi in cui ci si divertirebbe anche un bambino o bambina, ma anche può avere lettori e lettrici adulti.
I bisogno sono sogni
sognati due volte
La poesia con cui gioca Tappari, o forse meglio dire la lingua, meglio ancora le parole, con cui gioca Tappari fanno di questo libro un raro esempio di come a partire dalla semantica del lemma si apre il rapporto col lettore fino a non riuscire a definire il destinatario dell’opera. Che siate adulti o ragazzi e ragazze sono sicura che troverete tanto in Silenzio assenzio, a patto di lasciarvi andare al gioco, alla libera associazione di suoni e sensi, di parole e concetti, a patto di accettare di avere una relazione profonda quanto scanzonata con la lingua, e, chissà, anche forse con l’oggetto del vostro amore.
Vi sentite pronti e pronte?
E allora via! Lasciatevi divertire dalla lingua di Tappari, potreste averne benefici insperati, persino nella grande calura una frescura di riso, un’insalata fredda di riso ricco.
Un
po’
poesia
un
po’
sia
quel
che
sia