Hikikomori
Inizierò col dire che Hikikomori, per fortuna, non è quello che potrebbe sembrare!
Hikikomori di Ariela Rizzi e Fabrizio Silei con le illustrazioni di Elisabetta Stoinich edito da Einaudi Ragazzi non è un libro sugli Hikikomori, ovvero quei ragazzi che rinunciano al mondo esterno per rinchiudersi in un mondo virtuale dentro la propria camera, per quanto il protagonista, almeno inizialmente sembra esserlo. Forse potremmo dire che Hikikomori è un romanzo d’amore e sicuramente ci andremmo più vicino, o un romanzo di formazione e avventura e anche qui non ci allontaneremmo di molto…
Ma insomma come sapete le definizioni non mi interessano, ciò che mi interessa è capire come sia fatto un libro e come raggiunga, se ci riesce, una qualità di proposta di lettura adatta a ragazzi e ragazze e dunque ecco qui Hikikomori, un romanzo in due parti, con due strutture completamente diverse e in linea di trama complementari, che, pur non mantenendo sempre la medesima tenuta di scrittura (ma si tratta di un romanzo abbastanza lungo e articolato e ci sta qualche minimo cedimento di tensione) riesce a tenere il lettore e la lettrice incollati al libro.
I protagonisti del romanzo sono Luca, ragazzo diciassettenne italiano, di buona e amorevole ( a quanto pare) famiglia che da tre mesi, anche a seguito di un qualcosa di piuttosto brutto accadutogli a scuola, non esce più di casa, a malapena si avventura fuori dalla propria camera, ha invertito il giorno con la notte e trascorre molto del suo tempo al computer dove gioca, certo ma noi lo vedremo molto poco nell’attitudine da gamer, ma soprattutto dove incontra ogni giorno una ragazza giapponese con cui condivide l’amore per l’opera di Miyazaki. E Yukiko, la ragazza Giapponese di cui Luca si innamora e di cui lei si innamora a sua volta, figlia di una famiglia giapponese tradizionale in cui l’onore è tutto e i motivi per cui vivere e morire appaiono a tratti piuttosto diversi da quelli di Luca e della sua famiglia. Riusciranno a incontrarsi i due ragazzi? Luca uscirà dalla camera? Vi dico solo questo: sì Luca uscirà per partire per il Giappone per trovare Yukiko insieme al suo spacciatore di fumetti di fiducia, l’unico adulto a cui Luca confida l’amore per Yukiko e la sua che mi guardo bene dal svelarvi perché resta uno degli elementi narrativi più riusciti del libro che potrebbe costringerci a ripensare il significato e il senso, eventuale, dell’happy end.
La prima parte del libro che occupa poco più di metà pagine racconta questa storia dal “lato” di Luca e lo fa (e di questo rendo sinceramente grazie e poi magari ci dedicherò un video ad hoc a questa faccenda) in terza persona, con una bella focalizzazione zero onnisciente che ci fa vedere e sentire Luca e il mondo che lo circonda al tempo stesso da una prospettiva interna (il narratore è onnisciente appunto) ed esterna. Il narratore con questa costruzione si permette anche di lasciare qua e là indizi che poi comporranno un quadro della situazione via via più dettagliato di quanto ci appaia all’inizio.
La seconda parte è invece scritta in prima persona e riproduce il diario di Yukiko che Luca riceve in dono dalla sorella della protagonista, che ci svela l’altro punto di vista della storia da una prospettiva interna grazie alla quale la protagonista svela al diario tutte le bugie che racconta a Luca rispetto alla sua idillica situazione familiare, e al suo modo di essere. Questa parte è quella che accoglie nel libro i disegni di Elisabetta Stoinich ed anche quella che si caratterizza per una scelta grafica e di costruzione del libro interessante che sicuramente dà valore all’oggetto libro in sè: quando la storia di Luca finisce ed inizia il diario, a metà libro circa, sarete costretti a girare il libro, a capovolgerlo tra le vostre mani per leggerlo come leggereste un libro giapponese, non da sinistra a destra ma al contrario. Nel diario di Yukiko troverete un font diverso, una organizzazione diversa delle pagine e le illustrazioni e si viene a porre anche visivamente come il doppio e quasi il contrario della narrazione precedente. Non solo per impostazione e focalizzazione ma anche per lontananza di visione del mondo che tuttavia sembra trovare la propria sintesi nell’amore tra i due ragazzi.
Potrei aggiungere molto su questo libro, sulle figure adulte, ad esempio, che lo popolano, che restano tutte personaggi secondari e marginali ma che delineano in modi diversi la difficoltà e a tratti anche la non volontà, di entrare in contatto col mondo dei ragazzi; su alcuni elementi topici della narrazione che però a mio parere costituiscono i tratti meno originali di questo libro che invece di originalità ne ha a sufficienza per stupire il lettore o la lettrice che chissà da che parte della storia si sentirà più empaticamente attratta, sarà quella di Luca, alias Hikiko-chan, o quella di Yukiko, alias Lady Sakura, ognuno con il suo bel portato di menzogne e verità male interpretate?
Invece qui mi fermo e sarò felice se vi spingerete a leggere il libro, se già non lo avete fatto, e a proporlo ai vostri ragazzi e ragazze con le tante dicotomie conduttrici della storia, non ultima, anzi, e davvero mi taccio, quella tra amore (ma potrei anche dire vita) e morte.