Il lungo viaggio di Einar

Quando ci vuole ci vuole ed oggi è il giorno giusto per raccontarvi un libro forte come questo, forse l’autore direbbe un uomo forte come questo…

Sto parlando de Il lungo viaggio di Einar di Alberto Manzi edito da Gallucci, un romanzo, in Italia inedito, del grandissimo Manzi e che viene finalmente pubblicato nell’anno del centenario dalla nascita del maestro degli italiani, come in moltissimi ancora lo ricordano.

Alberto Manzi tra le tante cose è stato anche un autore, uno scrittore brillante con una capacità narrativa particolare e una scrittura riconoscibile sia per argomenti che per stile, di suo forse ricorderete Orzowei che fu anche una fortunata serie televisiva negli anni Settanta, ma ecco che adesso fa capolino in libreria questo romanzo sin qui inedito che ci permette di ascoltare ancora una volta la voce fresca e nuova del maestro.

Il lungo viaggio di Einar è un romanzo che credo potrebbe esser fatto afferire al genere del romanzo d’avventura, e racconta una storia verosimile, di quelle che stanno sulla soglia tra realtà e finzione: come lo stesso autore ci tiene a sottolineare nella lettera al lettore e lettrice introduttiva al libro Einar, il medico protagonista del libro, è esistito davvero e se i personaggi secondari sono di invenzione la vicenda narrata mantiene una buon livello di aderenza alla realtà.

Manzi ha dunque voluto raccontare la storia di un uomo straordinario che compie un’impresa straordinaria, o meglio di imprese straordinarie ne compie tutti i giorni ma quella qui costruita e narrata rappresenta un pochino l’apice e la summa delle avventure mediche di Einar

Einar è l’unico medico svedese che opera in Lapponia, a lui si riferiscono tutti gli abitanti della vastissima area Lappone tra piccolissimi villaggi raggiungibili solo con gli sci e la slitta e sottoposti a condizioni meteorologiche estreme. È in queste condizioni che Einar, da solo, opera, fa nascere bambini, gestisce emergenze e, come nella vicenda narrata, si prodiga indefessamente per mettere in salvo la vita dei suoi pazienti portandoli, quando necessario, al primo posto in cui il soccorso aereo può arrivare a prelevare chi è a rischio della vita.

Einar si trova a compiere la traversata dei ghiacci verso l’elicottero che porterà all’ospedale in una città il lappone che urge di un’intervento chirurgico che Einar non può fare da solo per sopravvivere in un lasso di tempo di circa 48 ore in cui infuria una tempesta di ghiaccio e neve senza precedenti. Einar, l’uomo che lo accompagnerà per un tratto e il paziente sulla slitta finiranno sommersi da cumuli di neve in cui moriranno tutte le renne che trainano la slitta, cadranno in un fiume ghiacciato, precipiteranno in un dirupo, affronteranno lupi e orsi ma andranno avanti senza fermarsi, incredibilmente, a tratti avrete la sensazione di essere in uno di quei film incredibili alla Mission impossible dove la sfortuna regna sovrana ma la forza dell’uomo vince su tutto.

Ecco ed è proprio qui che voglio arrivare, non alla sfiga sovrana ma alla forza dell’uomo che regna su tutto perché questo è il cuore pulsante della narrazione del libro che è scritto in terza persona onnisciente e non lesina i dialoghi per poterci far rendere meglio conto del contesto incredibile in cui Einar si trova a combattere giorno per giorno dalla parte delle vite degli uomini e donne che cura.

Meglio ancora, qui, come già in Orzowei ma qui mi pare in maniera addirittura più forte, Manzi mette in scena l’impari lotta tra la natura e l’uomo, da un lato le forze della natura dall’altro la volontà della ragione umana. Non entrerò nel merito della questione filosofica che potrebbe aprire ad una quantità di pensieri, confronti e contraddizioni straordinarie che spero avrete modo di sviscerare se leggerete questo libro con i ragazzi e le ragazze, in classe, ad esempio, ma mi interessa questo aspetto per come travolge la scrittura.

Il romanzo è interamente ambientato nella tempesta e nello sforzo estremo, con un continuo crescendo senza posa che può persino stancare il lettore a tratti, i capitoli ci permettono di tanto in tanto di prendere fiato. Se dovessi pensare ad un romanzo che si avvicina per concezione a Il lungo viaggio di Einar penserei forse a Nelle terre selvagge o Vento del nord di Gary Paulsen in cui lo scontro tra natura e essere umano regna sovrano.

In Il lungo viaggio di Einar il fiato ci manca, la scrittura non prevede soste o rallentamenti di ritmo, ci sono pochissime pause e preludono a delle nuove crisi che portano a picchi narrativi. La costruzione ritmica e narrativa ci porta non solo a leggere ma a vivere quello che vive Einar, fortunatamente siamo al caldo delle nostre case (anche troppo caldo visti i tempi) ma possiamo sentire la sua stanchezza, la sua esasperazione, possiamo anche farci prendere dall’incredulità e chiederemo a Manzi di essere così bravo da riuscire a farcela sospendere, quella incredulità, perché la narrazione ha davvero a tratti dell’incredibile.

Devo dire con onestà che ogni volta che incappo in un libro di Manzi, intellettuale che ammiro per tantissimi aspetti, mi colpisce per l’intensità di scrittura, chissà cosa bloccò la pubblicazione di Il lungo viaggio di Einar in Italia, il libro uscì invece in Germania nel 1963, ma possono dire che è una fortuna poterlo leggere finalmente. Il lungo viaggio di Einar non ha in sè nessun elemento che lo potrebbe far sentire come datato, resta pulito e saldo nella scrittura raccontandoci una parabola umana che nulla ha di straordinario se non la forza stessa dell’essere umana, una fiducia estrema, quasi una religione che crede nell’umanità, nell’individuo, in quelli individui soprattutto che Manzi chiama pionieri e che segnano, non riconosciuti, la strada per tutti gli altri.

I pionieri infatti camminano davanti a tutti e la folla non li riconosce mai per quello che sono.

È a tutti questi Einar che dedico il mio lavoro.

Ma lo dedico anche a voi, care lettrici e cari lettori, perché possiate ricordarli.

Spero di avervi incuriosito e che offrirete Il lungo viaggio di Einar come proposta di lettura a ragazzi e ragazze, questo per altro è uno di quei romanzi che sarebbe davvero difficile capire il perché sia considerato romanzo per ragazzi e non per tutti, la sua narrazione per come è costruita e per cosa racconta e per i suoi personaggi si presta a stare in quell’interregno di scambio tra le letture “per ragazzi” e quelle “per adulti” ammesso che riuscite a trovare una definizione e dei confini certi per entrambe le letture, io non li ho ancora trovati.

Vi lascio segnalando che il Centro Manzi è un luogo straordinario di ricerca legato alla scuola, all’insegnamento, alla letteratura e a tutto ciò che di vastissimo è girato intorno alla persona di Alberto Manzi, io consulto regolarmente il sito e quando possibile seguo alcune delle loro attività che hanno sempre un livello di qualità indiscutibile.

Buona lettura!

Teste fiorite Consenso ai cookie con Real Cookie Banner