Destinazione Auschwitz

Si fa presto a fare il nome di Auschwitz, un campo che è diventato il simbolo stesso della shoah degli ebrei italiani e di tanti altri provenienti da Paesi non del terzo Reich.

Si fa presto, troppo, a dire qualcosa a caso sulla Shoah e sulle sue destinazioni, francamente bisognerebbe proprio evitare invece che buttare lì tanto perché si deve farlo.

È per questo che quando esce un libro come Destinazione Auschwitz di Frediano Sessi per Einaudi Ragazzi c’è da essere contenti e ringraziare dell’opportunità che ci viene data per rinunciare all’approssimazione, al “tanto per dire”, all’abbozzare risposte a caso a domande di senso fondamentali (scusate vado giù pesante oggi ma davvero vedo in giro cose incredibilmente mal fatte e vergognosamente proposte in maniera ingenua a bambini e bambine, ragazzi e ragazzi e l’ingenuità in questi casi è assolutamente colpevole di superficialità non accettabile).

Che cos’è stato Auschwitz?

Perché c’è stata la persecuzione degli ebrei?

Come funzionava l’eliminazione di massa?

No, ad Auschwitz non c’erano mostri a perseguitare uomini e donne, questo ce l’ha detto Primo Levi già nel 1946, anno di prima pubblicazione di Se questo è un uomo, no, non c’era follia ma una precissisima ideologia, anzi, nell’ottica nazzista, utopia di costruzione di un nuovo ordine mondiale. Sessi parte da qui e mostra punto per punto senza nessun compiacimento specialistico e nessun indugio nel dettaglio macabro ma con una precisione storica impressionante per portarci ad Auschwitz.

Anche in questo caso il crimine appare come l’atto più elevato di una nuova moralità. Se non si comprende questo, non si riesce a capire “perché” l’Olocausto è accaduto.

In Destinazione Auschwitz torna su molti luoghi dei suoi studi, dei suoi tantissimi libri a riguardo, a partire dall’argomento dei Sonderkommando, dei musulmani come li chiama Primo Levi, e poi la struttura del campo, i cambiamenti tra la prima fase, quella che arriva fino al 1943 e la seconda, quella che porta fino all’apertura dei cancelli il 27 gennaio 1945 da parte dell’armata russa.

Pagina dopo pagina vi renderete conto di avere tra le mani qualcosa che assomiglia molto ad un saggio storico, adatto a ragazzi e ragazze grandi, direi dalla terza secondaria di primo grado in su, ma perfetto per chiunque voglia capire qualcosina di più di una storia poco nota e mal raccontata di solito.

Sessi per questa occasione ha scelto di non tenere un filo narrativo continuativo, non c’è una finzione narrativa a reggere la narrazione perché il centro resta il campo e ciò che si articola nel libro sono gli aspetti che riguardano la struttura e la quotidianità di Auschwitz, come se in questo contesto, con questo tipo di focalizzazione storica nessuna narrazione fosse possibile.

La forza e potenza del verosimile la conosciamo, permea la letteratura tutta e spesso dà forza anche alla letteratura di non-fiction, e tuttavia qui siamo in un altro ambito, quello in cui abbiamo bisogno del vero e non del verosimile, del dato preciso anche se mai mai mai esibito come molto spesso accade quando si parla di Shoah. Un’opera di precisione e correttezza storica da tenere a fianco per farsi guidare nell’incontro con un luogo unico e straziante che però ha definito la nostra storia, quella di chi è nato prima del Duemila (degli altri no e questa cosa bisogna che iniziamo a capirla e a farci i conti) e che dovrebbe definire un limite di confronto entro il quale iscrivere la concezione di umanità di ognuno.

L’uccisione degli ebrei non fu, come molti pensano, un genocidio industrializzato, m il più delle volte, come hanno confermato anche gli esecutori sottoposti a processo, il risultato di una “catena di morte” primitiva, che funzionava assai bene.

Destinazione Auschwitz mi pare un libro essenziale e anche coraggioso, che non ha paura di dire, documenti alla mano, con precisione e allo stesso tempo però sa come restare retoricamente pulito, senza mai indulgere verso alcuna forma di spettacolarizzazione del male o di espressionismo della scrittura, questa è l’opera di chi maneggia i documenti e lì resta e lì vi porta mostrando anche una strada di metodo che può essere presa a modello per l’indagine di ogni aspetto della storia.

Ringrazio Frediano Sessi, che ho avuto il piacere di incontrare con teste fiorite più volte e che terrà il terzo incontro del percorso Raccontare la shoah il prossimo 25 febbraio, per questo libro che mi è parso molto coraggioso per l’impostazione e per lo spirito con cui mi sembra sia stato scritto, un libro da tenere come riferimento storico e da consigliare come saggio storico stando vicino a ragazzi e ragazze ed avendo cura di conoscere il testo innanzitutto, sapere a chi lo si consiglia e se sia pronto ad affrontare la questione, e di poter discuterne insieme accogliendo le tante domande sull’umano che potranno scaturirvi.

“Che cosa portavano con sè gli ebrei nelle camere a gas?”

“Quello che si porta di solito in bagno: un asciugamano, il sapone, lo spazozlino da denti…”

Così si apre Destinazione Auschwitz, con la citazione dell’intervista a Mandelbaum che ci porta nel campo di concentramento di Auschwitz mostrando immediatamente la dicotomia tra vita e morte che fonda l’idea stessa del campo e la fonda sulla menzogna e la finzione finalizzate al controllo a al raggiungimento dell’obiettivo finale.

Un inizio ex-abrupto ma, ve l’ho detto, questo è un libro che non rinuncia a dire nulla, solo lo fa molto ma molto bene, siete pronti/e?

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