La spada non mi ha salvata
La spada non mi ha salvata è il titolo del nuovo romanzo di Matteo Corradini, edito da Pelledoca, ed è un libro interessante per diversi aspetti al quale vorrei dedicare la mia attenzione e richiamare la vostra per quel poco che posso.
Difficile definire in qualche modo questo romanzo senza farlo stare stretto qualunque strada si scelga, dentro c’è qualcosa del romanzo biografico, certo, ma anche di quello di formazione, naturalmente, e il romanzo storico dove lo mettiamo? Si ma, a questo punto aggiungo, anche l’elemento della sceneggiatura che pare collocarlo in un’ulteriore universo… insomma La spada non mi ha salvata è un romanzo che sta in bilico su più piani ma adesso provo a dirvi qualcosa di più.
La spada non mi ha salvata racconta la storia di Helene Mayer, la più grande schermitrice degli anni 30, una donna magnifica, atleta eccezionale, il modello estetico del mito ariano MA con mezzo sangue giudeo che le è costato l’allontanamento dalla Germania. La storia della Mayer ci viene raccontata dall’infanzia, dai primi tiri di scherma in cortile, fino alla sua morte il romanzo dunque attraversa un periodo storico straordinario ed offre il fianco, a chi ci si avvicina in buona fede e non in maniera pretestuosa, anche ad affrontare questioni centrali come l’eugenetica e la persecuzione antiebraica.
Ma, come sempre, inutile dirlo, quello che rende valido il romanzo non è il cosa, interessante assolutamente, bensì il come perché La spada non mi ha salvata ha una struttura narrativa decisamente interessante: Helene si racconta in prima persona, ripercorre con un flashback estremo (scoprirete quanto estremo alla fine) tutta la sua vita, ogni capitolo è introdotto da una parola scritta in tre lingue diverse, vittoria dopo vittoria, sfida dopo sfida, Olimpiade dopo Olimpiade ( e tenete conto che lei era alle Olimpiadi del ’36 a Berlino e come la Germania le abbia permesso di gareggiare è una pagina di storia da conoscere e che da sola merita un romanzo).
Ma Helene non parla da sola, no il libro è strutturato tutto come un dialogo in cui la seconda voce, quella che interloquisce con Helene, pone le questioni che permettono a lei di procedere nella narrazione e provare a darsi delle risposte. Di chi sia questa seconda voce non lo capirete fino alle ultimissime pagine, e poco ma sicuro che io non ve lo dico, posso solo dirvi che di capitolo in capitolo la voce incarnerà diversi protagonisti della vita di Helene, ne fa proprio le veci e lo dice apertamente tanto che lei spesso gli chiede “ma adesso chi sei?”.
La chiusa del libro forse vi porterà a rileggere tutta la storia con una luce diversa, non lo so, provate e poi ditemi.
Io mi sono goduta il romanzo, come altri di Matteo, come sempre ammirando la capacità di mescolare storia e Storia, di sperimentare forme narrative che scartano dall’atteso e si pongono sulla soglia – in questo caso anche, se volete, su quella tra fiction e non-fiction – con una lingua corposa e una prosa ricca di immagini.
Trovate La spada non mi ha salvata naturalmente tra i libri della bibliografia sulla Shoah ma il mio invito calorosissimo è di leggervi il libro e consigliarlo a prescindere, magari anche in periodi dell’anno non sospetti non solo per riconoscere al libro il proprio valore narrativo a prescindere ma, volendo anche tenere al centro la questione ebraica, perché quando questa emerge piano piano e si compone con questa gradualità acquisisce una forza maggiore. Lo sport poi è da sempre una delle lenti più interessanti attraverso la quale guardare alla storia delle persecuzioni razziali.
Direi che non mi resta che augurarvi buona lettura, troverete in Helene una donna meravigliosa che vorrete continuare a conoscere anche fuori dal libro.