Le piccole astuzie
Ci sono libri che si ricordano per la storia (la cosiddetta trama, ovvero la sintesi che dell’intreccio resta dentro il lettore), ci sono libri che si ricordano per il contesto, l’ambientazione, per la scrittura.
E poi ci sono libri che si ricordano per il personaggio.
Capiamoci: un buon libro ha tutte le componenti che funzionano molto ma molto bene, ovvio, e tuttavia nei libri e talvolta in alcune poetiche autoriali mi pare di intravedere un punto di forza più forte degli altri, in qualche modo.
Le piccole astuzie di Deborah Ellis edito da La Nuova Frontiera Junior con la traduzione di Federico Taibi io lo ricorderò, sicuramente per il personaggio di Kate e di sua nonna Edna.
Le piccole astuzie, provando a sintetizzare la storia, ci racconta di come Kate abbia trovato il modo di sopravvivere (bene) alla sua rabbia, al disprezzo generale ed al negozio di robivecchi della nonna con cui vive inventandosi il “chiosco filosofico” in cui aiutata da una vecchia roulette e dalle massime di filosofi e filosofe di ogni epoca “legge” a mo’ di chiromante il presente a chi le pone una domanda. Kate inventa questa attività per fare due soldi e non dover sottostare alla tirchieria della nonna ma anche per cercare di fare qualcosa di molto più profondo e tale per cui il chiosco filosofico diventa un catalizzatore del processo di autocura e autotutela che Kate attiva nei confronti di se stessa.
Kate è una ragazza abbandonata alla nonna dalla mamma tossicodipendente, nulla nella sua vita prende la forma dell’affettività e della tenerezza, apparentemente. Kate a dispetto di tutto, persino degli insulti dei vicini con cui si apre il romanzo e che resteranno una costante, resta centrata, positiva e ce la fa. Fino ad un certo punto del libro, direi più o meno a metà, di fronte a questa ragazzina eccezionale sotto ogni aspetto (e ce ne sono! Eccome se ce ne sono!) mi sono chiesta quanto avrebbe dovuto pagare da sola per le colpe degli adulti, possibile che non ci siano degli adulti in grado di accogliere in senso profondo Kate?
La svolta narrativa arriva, e non ve la svelo, scopriremo un personaggio eccezionale nella nonna, durissima e distaccata ma di una forza straordinaria, è la seconda nonna burbera e eccezionale che incontro in questi mesi, leggendo, la prima l’avevo incontrata ne I Tillerman ed ora arriva la Edna di Le piccole astuzie.
Ma ne Le piccole astuzie ci sono anche dei personaggi secondari molto molto belli, qualcuno, è vero, meno definito e credibile di quanto forse sarebbe stato opportuno ma nel complesso la creazione e gestione dei personaggi, i loro caratteri, le sfumature, i dialoghi che mostrano e non dicono ciò che i personaggi sono a livello umano, resta il punto di forza maggiore di questo bellissimo romanzo.
Kate racconta la sua storia in prima persona con una lucidità ed un crescendo davvero efficaci stilisticamente e narrativamente, è lei stessa a svelarci pagina per pagina il disastro della sua famiglia e anche di come le cose non siano davvero come appaiano e, soprattutto, di come tutto possa evolvere al meglio con qualche accorgimento.
Sento la frustrazione ribollirmi in petto. Voglio solo capire che succede […]
So che dovrei andarmene e ritrovare la calma, ma non voglio. Perché sono sempre io quella che deve calmarsi? Perché non sono mai gli adulti a doversi calmare?
Kate resiste, ma non resiste nè a se stessa nè ad una “vita cattiva” genericamente intesa, no no, lei resiste agli adulti che ce la mettono tutta per non essere all’altezza del loro essere adulti!
Il genio, il pensiero, la deduzione, la fida, l’idea sarà quello che farà svoltare la vita a Kate e il chiosco filosofico ne è l’innesto. Come sapete bene penso che l’originalità NON sia un valore di per sé nella valutazione di un’opera letteraria MA c’è da dire che quando dell’originalità c’è e quando fa la differenza nella costruzione della narrazione va rilevato. In Le piccole astuzie c’è assolutamente dell’originalità nell’idea bellissima del chiosco filosofico, e non solo per come il chiosco funziona ma per mettere insieme la filosofia, la casualità delle domande degli avventori di ogni età e il modo in cui Kate trova il senso tra le due cose.
Chiudendo qui, e lasciandovi alla lettura del romanzo se non lo conoscete, mi viene da dire che forse la massima più adatta a questo libro bellissimo, ironico ma anche con tanto tanto peso di vita vera dentro, e a Kate soprattutto sia quella del filosofo Leibnitz secondo cui questo in cui viviamo è necessariamente il migliore dei mondi possibili.
Che ne pensate?