Quel giorno

Una storia vera di coraggio nei giorni bui dell’olocausto

Il nome di Auschwitz non credo sia nuovo per alcuno, ma forse non avete mai sentito parlare di Pitchipoi…

Il libro che vi racconto oggi e che va a inserirsi nell’ampia bibliografia che da anni costruisco sulla Shoah, ci racconta la storia vera di due persone che lottarono con tutte le loro forze per non finire a Pitchipoi.

Quel giorno. Una storia vera di coraggio nei giorni bui dell’olocausto di Michael Rosen e Michael Phillips edito da Emme edizioni con la traduzione di Laura Pelaschiar è un albo illustrato perfetto sotto ogni aspetto e provo a dire il perché.

Quando un libro mette al centro della propria narrazione la Shoah, comunque essa venga affrontata, è assolutamente necessario che alla narrazione di qualità per testo e immagine corrispondano storie storicamente corrette, sia che siano del tutto vere sia che siano verosimili, e adeguate ai lettori e alle lettrici a cui ci si vuole rivolgere. Se mettete insieme questi 3 elementi, legati tanto all’aspetto estetico-letterario quanto a quello storico-didattico, vi rendete facilmente conto che i libri che passano tutti i “gradi di giudizio” sull’argomento sono davvero pochini…

Quel giorno è un albo illustrato perfettamente costruito sotto tutti gli aspetti che racconta la storia vera di un padre e un figlio, ebrei, arruolati nella resistenza parigina che vengono internati a Drancy, da lì scappano ma vengono catturati di nuovo e messi su uno di quei carri bestiame che portavano a… Pitchpoi ma riescono a scappare anche da lì e a rientrare nella resistenza combattendo e sopravvivendo fino alla fine della guerra e della shoah. Questa è la storia vera di Ehgène Handschuh e suo padre.

Attraversare un giorno, Attraversare un giorno,

e poi quello dopo. e poi quello dopo.

E poi quello dopo ancora. E poi quello dopo ancora.

Un giorno alla volta. 

Questa la storia che però, come sempre, vale ben poco rispetto al come viene raccontata nell’albo ed infatti il punto sta proprio in come è stato gestito il testo scritto e quello dell’immagine. Il testo scritto è pulitissimo, preciso ma non indugia in forme retoriche, dettagli inutili, pochi aggettivi, quelli essenziali… come dire, la storia è già bella carica di per sé il compito del linguaggio è quello di restare il più chiaro e semplice possibile senza indugi o senza dettagli eccessivi o non funzionali alla narrazione.

L’immagine, dal canto suo, lavora sin dalla palette di colori a farci entrare in un’atmosfera specifica, le tavole, per lo più frammentate nelle varie aperture, restano su un piano di realtà non espressionistico, molto concreto e al tempo stesso caldo in grado di partecipare alle emozioni dei protagonisti.

Gli autori hanno scelto di raccontare una storia che potrebbe essere quella di tantissimi uomini e donne ma che invece è quella vera di due uomini che vanno verso la vita e non verso la morte, la linea che scelgono, Rosen in particolare, che sulla storia della sua famiglia e del suo popolo lavora da tempo e ci ha già donato la magnifica raccolta di poesie In cammino, tiene il tratto definito e rispettoso, è sempre tutto chiaro quello che succede ma non ci sono forme di espressionismo di alcun tipo, e d’altra parte non sarebbero nello stile di Rosen.

Includo una nota personale che poco ha a che fare con la valutazione oggettiva del libro ma che vorrei condividere con voi. Quando sono stata al Mèmorial de la Shoah di Parigi per un corso di specializzazione sulla didattica della Shoah ho trascorso un giorno nel centro studi di Drancy, ho visto alcuni documenti riguardanti le persone che vi sono state chiuse, il luogo mi impressionò moltissimo perché sembra di stare in condomini normali e di fatto adesso sono condomini abitati da famiglie e la cosa fa davvero impressione, dal mio punto di vista. Del tunnel che qualcuno scavò per scappare e di cui narra Quel giorno ho ascoltato la storia e ritrovarmela in questo libro mi ha emozionata. Tante storie che conosco, di questa storia allucinante che è quella della Shoah, ho negli anni ritrovato nei libri e spessissimo la reazione è quella di distacco perché il libro non ce l’ha fatta a restituire in maniera adeguata quella storia individuale, nel caso di Quel giorno, invece, mi è accaduto esattamente l’opposto ed il merito è assolutamente tutto della forma che questa narrazione ha preso grazie alle mani dei loro autori.

Se mi chiedete, perché lo so che va così, a chi leggerei questo libro e se va bene per la primaria la mia risposta è questa: sì il libro è lieve e perfettamente calibrato e potrebbe andare bene dalla quarta primaria in su per tutte le secondarie, senza problemi. Tuttavia rispetto alla primaria, come ho provato anche a dire in tutti i video fatti sull’argomento, mi porrei molto ma molto seriamente una domanda di senso rispetto ad affrontare in qualsiasi modo la questione della Shoah, rimando a questo proposito senz’altro ad uno studio attento del Tu sei memoria di Matteo Corradini, edito da Erickson, dedicato proprio alla didattica della memoria alla scuola primaria.

A, quasi dimenticavo, Pitchpoi è il nome che girava tra gli ebrei francesi per indicare il posto dove le persone venivano fatte sparire con i treni ma che non si sapeva quale fosse. Gli ebrei di Drancy e moltissimi altri finirono tutti ad Auschwitz ma il nome lo conobbero solo nel momento in cui vi arrivarono.

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