Diario di guerra
Ho sempre pensato che chi sa disegnare può avere in alcune occasioni una possibilità in più… quando le parole vengono meno si può prendere nota con uno schizzo che esprima emozioni e sentimenti e la realtà che ci stupisce intorno.
Il disegno, lo schizzo in presa diretta, è una forma di autobiografia straordinaria, in cui l'”io” si sente poco perché tutto diventa una soggettiva, adesso provo a spiegarmi, non vi preoccupate.
Mi pare che questo, saper unire schizzi a parole, sfruttare al massimo le possibilità dei due linguaggi a scopo autobiografico e di testimonianza, sia ciò che accade in Diario di guerra di Olga Grebennik edito da Caissa Italia con la traduzione di Tatiana Pepe.
Oggi, 25 febbraio, a tre anni dallo scoppio della guerra in Ucraina (era il 24 febbraio 2022) vorrei raccontarvi di Diario di guerra un libro intenso e lieve che ci porta nel cuore di una famiglia qualsiasi a cui all’improvviso iniziano letteralmente a cadere le bombe sulla testa e si trova a doversi nascondere nei sotterranei e poi a scappare per cercare di mettersi in salvo.

Diario di guerra è il diario tenuto dall’autrice nei primi mesi della guerra e il suo modo esprimersi, fatto salvo l’incipit del libro, è attraverso schizzi e brevi frasi in un tutto armonico efficacissimo.
Olga mette insieme sprazzi di vita delle persone, dei bambini e animali che si ritrovano nei sotterranei in fuga dai bombardamenti, non c’è una narrazione continuativa, questo libro non ha una costruzione narrativa in senso classico, ma proprio come un diario segna la data sotto lo schizzo e scrive una frase di accompagnamento per ricordare ciò che ha fissato con la vista.

Se i testi sono in prima persona e segnano la linea autobiografica dell’espressione dell’autrice, i disegni talvolta riprendono dall’esterno l’artista con i bambini, il cane, il marito, ma spesso sono delle soggettive che creano ritratti di ciò che lei vede davanti a sé. Persone e situazioni che cercano una strada di sopravvivenza. Olga ha una famiglia come tante, due figli, un marito, un cane, tutti da mettere in salvo o almeno da provare a salvare nella sua integrità profonda.

Mai, nemmeno nel momento più emotivamente coinvolgente del diario, l’autrice cede alla retorica vuota, al sentimentalismo trito perché quelle sono cose che vengon fuori quando la scrittura diventa artificio di basso livello e svela le proprie carte, qui invece siamo di fronte ad una prova autobiografica vera, pulita, limata, perfetta.
La compostezza di questo testo è vera, è quella propria di chi sta vivendo una situazione nella realtà ed è questo uno dei tratti centrali delle autobiografie ben fatte. Qui, in particolare, è il tratto a parlare più che le parole restituendoci l’emozione e la disperazione, beato chi sa disegnare, appunto.

Diario di guerra è un inno alla pace, non c’è guerra che porti vittorie di alcun genere e non c’è differenza di nazionalità, di lingua, cultura, tradizioni, religione ecc. che possa giustificare in alcun modo la violenza tra esseri viventi, questo è ciò che emerge dal Diario di guerra.
La questione linguistica e culturale nel caso della guerra in Ucraina e di Diario di guerra in particolare è centrale: Olga Grebennik, l’autrice di Diario di guerra è madrelingua russa e per questo la traduzione del testo ha tenuto conto dei toponimi ucraini nella versione russa, in un passaggio del testo viene esplicitato molto chiaramente che “non è la nazionalità a definire una persona”.
Prima di chiudere con un pensiero sul possibile lettore e lettrice di Diario di guerra mi soffermo un attimo sull’edizione che ha un formato strano per una precisa scelta editoriale che ha voluto lasciare totalmente intatto il taccuino di diario originale, nel suo formato, disegni e scrittura, la nota finale dell’editore e della traduttrice si sofferma su alcuni dettagli del lavoro editoriale che vale la pena notare sia per la sostanza che per la forma che testimonia la cura nella costruzione di un libro, il lavoro di concerto che l’editore deve fare perché il libro significhi al suo massimo grado in rispetto dell’originale.
E chiudo quindi con un pensiero rivolto al possibile lettore o lettrice: a chi consiglierei la lettura di questo libro?
Direi a chiunque sopra i 12-13 anni, la pulizia e lievità del testo e al tempo stesso la concretezza delle immagini sapranno trovare una via per entrare in dialogo con il lettore e la lettrice che leggano il libro solo come un libro da leggere (che è sempre la modalità migliore a mio parere) o che lo leggano per affrontare questioni di attualità e di sostanza nell’eterna dialettica tra la guerra e la pace o, se preferite, che è meglio, tra le ragioni degli individui e le loro singole e collettive, e le ragioni della politica e dell’economia.
Non so se vi sia mai capitato tra le mani questo libro, spero di sì, altrimenti spero che questa recensione sarà un’occasione ed allora sarò felice di sapere cosa ne pensate. Buona lettura
Scrivo questo diario per dire NO ALLA GUERRA.
Una guerra non ha vincitori, lascia solo sangue,
devastazione e vuoto in ognuno di noi.
Ho percorso molta strada e lungo il cammino ho incontrato
solo persone gentili e premurose.
Ora so per certo che c’è la guerra e ci sono le persone.
La prima non tiene conto delle seconde.
La guerra mi ha scosso…
Ma adesso incontro persone, non importa di quale
nazionalità, che mi aiutano. Sono forti queste persone.
La guerra finirà e le persone forti vivranno.