Tistù e i pollici verdi

Inizierei a raccontarvi di Tistù dalla semplice constatazione che ci vorrebbe un Tistù in ogni angolo del mondo e in ogni tempo presente e futuro, almeno, visto che sul passato non abbiamo possibilità di azione…

Tistù e i pollici verdi è un libro che Maurice Druon scrisse nel 1957 e che oggi ci arriva in questa bellissima edizione di Donzelli con le illustrazioni di Lucia Scuderi e la traduzione di Adelina Galeotti. Tistù e i pollici verdi ci racconta, è presto detto, la storia del bambino Tistù che ha i pollici verdi e dove mette mano, anzi dove mette pollice, letteralmente, fa crescere fiori delle più svariate origini e specie.

Un potere magico strano, quello di Tistù, apparentemente inutile ma che il bambino riesce a rendere estremamente pratico nel momento in cui pensa, con semplicità disarmante, che lì dove ci sono fiori e piante tutto è più bello e se tutto è più bello le persone vivono meglio. È così che Tistù, di nascosto, e senza che nessuno abbia il benché minimo sospetto, fa nascere foreste di fiori profumati e colorati nei posti più impensati: il carcere, in primis, il quartiere povero dopo e via via fino a mettere letteralmente in scacco l’intera economia della sua cittadina arrivando a colpire niente di meno che la straordinaria fabbrica di famiglia che lui stesso in futuro avrebbe dovuto dirigere: una fabbrica d’armi. Ci sono diversi motivi e modi in cui Tistù arriva ad agire, potremmo soffermarci ad analizzare l’organizzazione familiare, la scelta di non far più andare a scuola il bambino perché sembra inadatto, rallentato, apatico e come poi rinasce nel giardino insieme al giardiniere… Ma non lo farò, il mio accenno alla trama finisce qui; non vi dirò nemmeno, come sempre, come si conclude la storia di Tistù, ma vorrei soffermarmi con voi sulla struttura di questo libro che resta su un filo della retorica decisamente particolare.

Quella di Tistù e i pollici verdi è una metafora piuttosto esplicita e molto chiaramente definita, una metafora in cui la distanza tra l’infanzia e l’età adulta fa la sua parte, così come il discorso pacifista portato a dimensione quasi di fiaba in cui la magia è necessaria ma anche la risposta collaborativa degli altri esseri umani capaci di arrendersi, dopo un tot di tempo, all’evidenza che Tistù porta direttamente sotto gli occhi e il naso di tutti, in primis dei suoi genitori. La costruzione sia dei personaggi che dell’intreccio segue una logica molto chiara, retoricamente molto costruita e direi anche in linea con l’epoca in cui Tistù vide la luce per la prima volta.

Ma quello che davvero colpisce della narrazione e che la fa decisamente alzare molto al di sopra di ciò che molto esplicitamente vuole significare, è il tono con cui la storia viene narrata: il narratore onnisciente che traccia la rotta ha un piglio e un modo di entrare in contatto con il lettore e la lettrice che fa decisamente la differenza nel riuscire a creare un’attesa di lettura e ad appagarla pienamente con la qualità della scrittura. Questo narratore si fa notare sin dalla prima riga, si permette giudizi impietosi verso gli adulti di questa storia, dice la propria opinione, sostiene Tistù e il suo potere dando voce schietta e inequivolcabile. Certo a volte si fa aiutare dal discorso diretto di Tistù o ha bisogno di farci sentire le voci dei maestri di Tistù, specie del signor Bombardino (già il nome è tutto un programma ma vi renderete conto facilmente che qui tutti i nomi sono un programma e che la questione del nome è anche messa a tema sin dal primo capitolo) che dovrebbe insegnare al nostro protagonista l’ordine e la disciplina.

Potremmo leggere questo libro seguendo varie linee tematiche, seguendo le tracce lasciate dai pollici di Tistù, o seguendo il senso dei nomi e il modo di comportarsi e di parlare dei diversi personaggi, andando a dare una lettura direttamente pacifista e antibellicista e addirittura intensamente estetica della storia di Tistù e i pollici versi. Potremmo seguire anche anche la rotta suggerita nel primo capitolo in cui l’infanzia e l’età adulta si contrappongono, al netto del potere di Tistù che siamo ancora ben lontani anche solo dall’immaginare, per un irrigidimento del pensiero. Le “idee bell’e fatte” le chiama l’autore, quelle idee che non permettono un reale cambiamento nemmeno nelle situazioni più tragiche, quelle idee che sembrano vere ed immutabili e che solo una mente non ancora chiusa più intravedere come tali.

Ora, se noi nasciamo solo per diventare grandi come tutti gli altri, le idee bell’e fatte trovano facilmente posto nella nostra testa, man mano che cresce

Tistù e i pollici verdi esce in un momento storico ingolfato di tensioni bellicose, travolto da movimenti che ricercano la morte invece che la vita, la bruttezza della distruzione, la sopraffazione dell’altro senza tenere in nessun conto nemmeno la presenza di bambini e bambine, ragazzi e ragazze. I libri (di qualità), le storie (ben scritte), in questo momento sono più importanti che mai, e Tistù con la sua voce chiara e soprattutto inequivocabile è tra quesi personaggi che si stagliano nel panorama letterario per la capacità di andare dritto alla questione senza rinunciare, anzi alla bellezza di saper come farlo.

Così fa la letteratura: comunica la sua grandezza innanzitutto con il modo in cui racconta e poi, certo, anche con il cosa, ma molto, molto dopo.

“Ho scoperto una cosa straordinaria!” – aggiunse Tistù. – I fiori tengono alla larga il male”.

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