Cappuccetto rosso una fiaba moderna
Le fiabe, si sa, non hanno tempo (non per tutte è così ma per la maggior parte direi di sì), cappuccetto rosso è forse la fiaba più nota e più “usata” nella nostra cultura occidentale. Venerdì scorso ho dedicato un breve video ad alcuni albi illustrati in cui viene rielaborata in maniera iconografica la storia della bambina e del lupo ma oggi non posso resistere dal’entrare con un po’ più di calma nel dettaglio di uno degli albi a cui ho fatto riferimento nel vide: Cappuccetto rosso una fiaba moderna di AAron Frisch, illustrazioni del sempre eccezionale Roberto Innocenti e traduzione del nostro Luigi Dal Cin, edito da La Margherita.
La cosa più eccezionale di questa versione della celeberrima fiaba credo stia davvero nella sua resa contemporanea, più che moderna, o forse addirittura postmoderna legata all’interpretazione iconografica: mentre il testo ci racconta, di fatto, la storia della bambina che attraversa il bosco e incontra il lupo in maniera piuttosto tradizionale (con un intervento bellissimo sul finale) le illustrazioni ci portano alla periferia di una grande città e rovesciano il legame centro periferia: se nelle fiaba tradizionale forse siamo portati a pensare che il bosco sia una parte esterna al centro, ovvero dove vive Cappuccetto; qui invece Sofia (questo il nome della ragazzina protagonista) abita in una periferia della città e deve raggiungere la baraccopoli dall’altra parte della città, dove abita la nonna, attraversando il centro, ovvero il centro commerciale nominato, guarda un po’, The Wood.
Il lupo, lungi dall’essere un animale, è un motociclista darck che si presenta a salvare Sofia da dei bulletti per poi lasciarla in mezzo alla strada, letteralmente, con una scusa, per arrivare prima dalla nonna e ucciderla… ma qui ci torno tra un attimo.
Se le storie per bambini sono metafore d’infanzia, le fiabe son metafore dell’essere umano, senza legame diretto con l’infanzia; in questo caso però siamo in una metafora della metafora: la connessione con la modernità, i rischi che corre una ragazzina nel centro di una grande città, la cattiveria tutta legata esplicitamente all’umano senza la mediazione dell’animale simbolico che era il lupo, danno una potenza enorme alla narrazione.
La fiaba di cappuccetto rosso viene inconrniciata, i critici direbbero che viene messa in abisso (la mise en abyme) da due tavole in cui compaiono dei bambini attorno ad un tavolo con al centro un robot-nonnina che racconta la storia e che è anche disposta, alla fine, a cambiarne il finale…
Già perché se cappuccetto rosso è una fiaba moderna la storia del robot-nonnina finisce malissimo: arriva la polizia ma intuiamo che ormai per la bambina e la nonna è troppo tardi e il motociclista assassino è già scappato. Ma il robot sa anche che i finali devono essere positivi, sempre entro una certa età, e dunque ecco l’ultima tavola in cui la polizia prende il motociclista e la televisione arriva ad intervistare la nonna e la bambina che se la sono vista brutta.
Conoscete l’albo?
Credo proprio di sì, è un capolavoro ormai abbastanza classico, è stato pubblicato nel lontano 2012 (lontano si fa per dire) e ha secondo me davvero introdotto degli spunti interpretativi importanti per questa classicissima fiaba e se state pensando che la sua ricollocazione temporale renda il tutto più esplicito, meno simbolico e dunque di più difficile elaborazione per il bambino, mi sentirei dissentire. La creazione della cornice narratina innanzitutto è una di quelle tecniche che “garantiscono” il lettore da un immediato e troppo diretto coinvolgimento emotivo; inoltre i bambini lettori sono a loro modo competenti e riescono nell’elaborazione simbolica della narrazione tanto più che il testo, davvero, resta abbastanza federe alla trama originale esplicitando molti nessi.
Se d’altra parte state pensando che, essendo una fiaba, questo libro possa essere usato tra infanzia e primaria, mi sento di dissentire nuovamente: una lettura ermeneutica e simbolica di questo testo, iconografico ma soprattutto nella relazione testo/immagine, sarebbe perfettamente adatta a delle classi anche delle secondarie di secondo grado.
Se avrete il piacere e la pazienza di osservare con attenzione le magnifiche e densissime tavole di Innocenti vi potrete rendere conto non solo di come e quanto esse siano disseminate di indizi che fanno alzare, inconsciamente, il livello di aggressività e di tensione per condurci all’apice della storia (che non è il finale bensì lo svelamento dell’inganno); ma anche di riferimenti alla nostra contemporaneità (molti i manifesti pubblicitari, alcuni politici con il faccio di Berlusconi).
Chiuderò con il moito di apertura della fiaba sperando che andiate a riprendere in mano, come è capitato a me, questo albo bellissimo che non può non definirsi un classico, ormai.
Sappiate però, bambini, che le storie sono come
il cielo. possono mutare, portarvi meraviglie, sorprendervi proprio quando non avete addosso la giacchetta col cappuccio.
Alzate lo sguardo, scrutate pure il cielo, ma non
saprete mai davvero quel che sta per arrivare.