Pensieri attorno alla Children’s Book Fair 2024

Inizierò col dire che La Children’s Book Fair è di Bologna è un luogo, una situazione, un evento imperdibile, in cui chi lavora nel settore non può mancare e che ha il suo indiscusso valore nella possibilità di incontrare fisicamente delle persone, e non solo editori autori ecc. ma, per quanto mi riguarda, amici e molte di voi, teste fiorite, che finalmente ho l’occasione di conoscere di persona. Quindi torno piena di gratitudine dalla fiera, anche quest’anno.

In secondo luogo ci tengo a premettere che non sono stata in fiera tutti i giorni ma solo due, e che non ho avuto modo di seguire molti eventi che pure promettevano di essere molto interessanti ma che nel frullatore del tempo e dello spazio della fiera è impossibile seguire con una qualche calma.

Ciò detto provo però a condividere con voi qualche pensiero perché, pur nell’ovattamento del pensiero che a me questo tipo di eventi crea a causa del caos, fisico e sonoro, mi piace provare a tenere un pensiero critico e non dico lucido ma un pochino attento sulle dinamiche. Dunque se siete stati in fiera avrete notato, e se non ci siete stati va benissimo ve lo riporto io, che la stragrande maggioranza del movimento delle persone si muove tra l’entrata del caffè illustratori dove ci sono gli eventi e le mostre principali (illustratori e paese ospite che quest’anno era la Slovenia) e nei padiglioni 26 e 25 diciamo fino a metà della loro lunghezza, se provate a spingervi oltre la metà o a muovervi per. padiglioni 29 e 30 cambia persino la temperatura percepita tanto cala la quantità di corpi ammassati.

I padiglioni 25 e 26, fino alla metà della lunghezza, sono quelli in cui si addensano la stragrande maggioranza degli editori italiani, nel 26 in particolare soprattutto i medio-piccoli indipendenti e alcuni stand come Ibby, Hamelin, Nati per leggere ecc., e nel 25 anche i grossi gruppi editoriali come Mondadori, Giunti, Il castoro, Panini, Edizioni El. Generalizzo, abbiate pazienza, se andate a vedere la piantina e la dislocazione dei singoli edito vi farete un’idea precisa. Il padiglione 29 e 30 sono quelli per lo più dedicati agli editori stranieri ed in cui si trovano le mostre minori ma non per questo meno belle o importanti, anzi! Come quella del Silent Book Contest e, quest’anno delle eccellenze di illustrazione cinese o la mostra sulla salute del pianeta ecc.

Vagando per i padiglioni dunque si può avere forse la sensazione che il mondo dei libri per bambini e bambine, ragazzi e ragazze, ruoti attorno a stand superlativi e meno superlativi ma di piccoli editori indipendenti, spesso impegnati, che provano a fare al meglio il loro mestiere, ne deriva una visione forse un pochino distorta di cosa sia e come si muove l’editoria presente che, aimè, si muove lì dove in fiera non c’è rumore, non ci sono persone che si accalcano per una dedica e nemmeno tra quei piccoli editori che con pazienza, coraggio e una buona dose di visione pubblicano le loro cose di qualità. Nell’enormità della fiera sono gli scambi di diritti tra i colossi che tengono banco a livello economico e che soprattutto poi ci fanno arrivare nelle librerie commerciali e nei supermercati, che spesso sono gli unici luoghi dove capita che i bambini incontrino i libri, delle emerite schifezze. Indegne di qualsiasi lettore, tanto meno di un lettore bambino.

Questo pensiero, se volete questa consapevolezza che per una volta mi fa pendere un pochino verso il pessimismo della conoscenza invece che verso l’ottimismo della volontà che da sempre mi guida, mi interessa sostanzialmente per due motivi: il primo è che preferisco fare il mio lavoro senza essere abbagliata dalle apparenze, anche quando sono belle, anche quando dentro c’è della sostanza. Il fatto che molte persone si accalchino a vedere libri molto belli è oggettivamente cosa buona e giusta il cui valore non voglio sminuire, speriamo che quelle stesse persone poi abbiano qualche occhio anche per editori in crescita che hanno qualcosa anche da dire. Il secondo è che mi pare emerga, insieme al rumore di fondo, una vanità dell’occasione, in cui la ricerca dell’evento, del nome, dell’autografo, non lascino dietro di sé tracce significative di una consapevolezza né della qualità dei libri né del contesto reale in cui fluttuano.

Come dire combattiamo tutti dalla stessa parte, a favore della qualità e dell’estetica e per farlo credo sia necessario affinare la vista, aprire le orecchie e gli occhi, allenare il senso critico, essere disposti a mettere in dubbio le apparenze, uscire da quella bolla in cui spesso, io per prima, cadiamo, e renderci conto che le cose non stanno esattamente come ci piacerebbe o come ci sembra che stiano nella nostra ecosfera, e proprio questa consapevolezza deve farci spingere ancora di più sull’acceleratore dell’impegno.

Forse mi piacerebbe vedere meno persone e più consapevolezza, ragionamenti sui numeri e sul senso dei numeri, quelli che si vedono, e, soprattutto, quelli che non si vedono.

Vogliamo dire e mostrare e analizzare tutto il bello che c’è?

Assolutamente sì!

Io lo faccio strenuamente da 10 anni

Ma la consapevolezza deve essere la prima cosa da cui partire, la consapevolezza del momento culturalmente critico che viviamo, la consapevolezza della vanità di ciò che appare, delle logiche di mercato, perché – abbiate pazienza ma la marxista che è in me da qui non transige – è da lì che si parte per l’analisi e per poi scegliere come stare sul campo e combattere ogni giorno, ognuno a proprio modo e con il proprio bagaglio di onestà intellettuale e preparazione.

Da venerdì inizio a raccontarvi le novità tra video e recensioni. Qui di seguito una piccola galleria di qualche foto ricordo delle cose belle di quest’anno.

p.s. L’idea della Fieropoli di Roberto Grassilli che ho avuto la fortuna di incrociare tra i corridoi insieme a Silvia Vecchini e Sualzo (sempre grazie del Gaetano con la testa fiorita) è geniale, mi ha fatto troppo ridere! Bellissimo l’incontro con Mac Barnett il cui libri per Terre di mezzo aspetto con ansia e anche quello di Antinori sullo stile!

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